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Uomini e lupi

Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Uomini e lupi

di axe
8 stelle

Nell'immaginario paesino abruzzese di Vischio, attratti da una taglia posta dal comune, nella seconda metà degli anni '50, giungono due "lupari", uomini specializzati nella caccia al lupo, all'epoca flagello delle greggi e pericoloso per gli abitanti della zona. L'uno, Giovanni, è un uomo di mezza età tutto d'un pezzo, con moglie e figlio al seguito. L'altro, Ricuccio, è un giovane esuberante e pronto a cogliere le buone occasioni. I rapporti tra i due uomini si deteriorano rapidamente, poichè Ricuccio, cacciatore meno abile di Giovanni, mostra un certo interesse per Teresa, la moglie di quest'ultimo, ed ottiene la benevolenza del loro figlioletto Pasqualino. Ricuccio conduce, tuttavia, una sorta di doppio gioco. Seduce, nello stesso momento, Bianca, figlia del possidente locale Don Pietro. Nel momento in cui Giovanni muore, sbranato dai lupi per un eccesso di fiducia nelle proprie capacità, le relazioni tra i tre diventano molto complesse. Un film drammatico, ambientato in contrade di montagna i cui abitanti, nonostante i molti cambiamenti in atto, sono ancora legati a schemi sociali risalenti nel tempo ed abituati a condurre una lotta serrata contro la natura, alla quale contendono le risorse necessarie non tanto per prosperare, quanto, più semplicemente, per sopravvivere. Chi ha qualcosa - piccoli proprietari di terre ed animali - ha il doppio compito di rendere produttivi i propri beni e difenderli dalle insidie che li minacciano, tanto i lupi quanto un matrimonio svantaggioso. Chi non ha nulla, deve inventarsi un lavoro giorno per giorno, stagione per stagione. Tra questi ultimi soggetti, figurano i "lupari", sempre ben accolti là dove il predatore è presente, e ricompensati, ad animale abbattuto, con ricompense ed offerte. Questo schema entra però in crisi per il mutare delle dinamiche sociali. Sul finire degli anni '50, i lupi sono sempre di meno, e gli abitanti dei paesi di alta montagna non hanno più la sola pastorizia come mezzo di sussistenza; in gran numero si rivolgono all'emigrazione, nelle città vicine o in terre lontane. Non c'è futuro, per chi è inadeguato al cambiamento. Esempio ne è il personaggio di Don Pietro, un padre-padrone che esce sconfitto dal racconto, insieme alla figura di Bianca, figlia ribelle che a causa dell'eccessiva pressione ricevuta in famiglia, vede in una relazione con Ricuccio l'unica possibilità di emanciparsi. Altro esempio è Giovanni, un uomo tenacemente legato alla dura vita del "luparo" ed incapace di concepire una prospettiva diversa, con disappunto della moglie, che ambirebbe ad un miglioramento, soprattutto per il figlioletto. Escono vincitrici le figure di Ricuccio, all'apparenza borioso e vanesio, in realtà in costante ricerca di un proprio posto nel mondo e pieno di buona volontà; di Teresa, una donna dal buon carattere, la quale, rimasta vedova, non nasconde l'amore provato per Giovanni, ma, affezionatasi a Ricuccio, ne accetta la compagnia anche con un occhio di riguardo per il sentimento del figlio che lo considera da subito un nuovo padre. Ottime interpretazioni per Silvana Mangano (Teresa) e Yves Montand (Ricuccio). Molto evocative le ambientazioni; il film è stato girato presso località di montagna d'Abruzzo - inconfondibili le sue vaste ed alte faggete - durante le abbondanti nevicate del 1956. La bianca desolazione delle sequenze "invernali" contrasta con l'animazione di quelle "primaverili", che mostrano una laboriosa umanità mettersi in cammino ed a lavoro, tra il verde brillante dell'erba delle montagne. La colonna sonora alterna motivi dolci a temi malinconici, integrando qua e là un brano popolare. Un'ultima riflessione. Agli occhi dello spettatore più giovane, può sembrare anomalo, o anche risultare sgradevole, l'accanimento mostrato contro i lupi. E' necessario, però, "comprendere" i tempi. Nei racconti degli anziani, il lupo era uno tra i tanti flagelli che la natura opponeva alla sopravvivenza della povera gente di montagna; il loro ululato che si elevava alto nelle sere invernali era foriero di sventura ed inquietitudine. Dopo gli stermini indiscriminati, l'animale è stato considerato quasi estinto. Cambiati i tempi, regolamentata la caccia e le altre attività umane anche con l'istituzione di aree protette, il lupo è tornato a diffondersi. E di nuovo chi lavora con gli animali in montagna è tornato a lamentarsi per la loro presenza; è la lotta millenaria tra l'uomo e la natura. Ottimo film, sia sotto l'aspetto "documentaristico" - avendo una certa conoscenza, anche diretta, di quel mondo rurale, posso dire che i registi Giuseppe De Santis e Leopoldo Savona hanno colto nel segno - sia per la vicenda in sè, un corposo dramma che vede la contrapposizione di diversi sentimenti, con un epilogo negativo per alcuni, positivo per altri personaggi, maggiormente "allineati" al cambiamento dei tempi.

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