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L'educanda

Regia di Franco Lo Cascio vedi scheda film

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La recensione su L'educanda

di moonlightrosso
3 stelle

Seconda prova non hard del futuro Luca Damiano

Il sottofilone della commedia erotico provinciale è stato uno dei generi senz'altro più graditi dal nostrano sottobosco produttivo degli anni settanta. A fronte di budgets irrisori, era infatti possibile realizzare a tempo di record pellicole che riflettevano l'immaginario erotico dello spettatore di basso profilo dell'epoca, il quale poteva facilmente immedesimarsi, per provenienza o parentado, negli stereotipi di quella realtà rurale che costituiva la cornice ideale di operazioni di tal fatta.

Franco Lo Cascio, concluso il lungo apprendistato come valente ausilio del maestro del noir Fernando Di Leo, dirige con rara sciatteria questa sua seconda opera registica appartenente al pecoreccio-ridanciano di bassa lega.

Un soggetto a firma del prolifico Piero Regnoli, sceneggiatore tra i più corrivi e dozzinali del nostro cinema di genere, ci narra delle avventure della giovane Patrizia (Patrizia Gori), diciottenne piuttosto vulcanica che ritorna al paesello natìo della campagna ciociara, dopo alcuni anni trascorsi in collegio. Per vincere quella proverbiale noia che caratterizza la vita di provincia, coinvolge alcune amiche e i giovani tutti del paese per trasformare un diruto cascinale in un locale in cui ballare e far baldoria. Il notaio Saragò (Gino Pagnani), proprietario dell'immobile e interessato a una speculazione edilizia, convince la giunta comunale a farsi rilasciare un'ordinanza di sgombero per cacciare i ragazzi; cionoostante Patrizia e le sue amiche non si daranno per vinte; abilmente istruite dalla prostituta Marilena (un'impagabile Gabriella Giorgelli), le ragazze sfodereranno tutte le armi della seduzione per ricattare e mettere con le spalle al muro l'odiato notaio, suo fratello avvocato (Rod Licari) e svariati consiglieri comunali.

Con un plot fondato su clichès semplicistici e obsoleti della provincia nostrana e sulla solita diatriba tra giovani e "matusa", si tenta di lanciare, senza riuscirci, la stellina Patrizia Gori, una delle tante sciacquette dell'italica serie Z del periodo e per la quale il Lo Cascio pare abbia perso letteralmente il lume abbandonando per lei moglie e famiglia. L'attricetta romana, che probabilmente investì propri denari nella fantomatica casa di produzione "Patrizia Cinematografica" (sic!), a parte sfoderare un sorriso a trentadue denti, un fare aggraziato e qualche gradevole nudo integrale a intraveder minute fattezze, non pare disponga nè della "verve" nè della necessaria capacità espressiva per rivestire quel ruolo volitivo e trascinatore affidatole dallo squinternato copione regnoliano. Il principale merito della dimenticabile protagonista sta comunque nel mettersi a servizio dei numerosi e valenti caratteristi che costituiscono il vero punto di forza della pellicola, capaci, unitamente ad alcune felici intuizioni del Lo Cascio (trashisticamente parlando), di trasformare in un autentico "must see", un prodotto altrimenti poveristico e poco interessante. Se Patrizia e le sue amiche non sono in grado di farsi particolarmente ricordare, fatta eccezione per la cicciona Mafalda intenta esclusivamente a ingurgitare cibo, merita senz'altro una menzione, quale presenza femminile maggiormente significativa, la carrarese Gabriella Giorgelli. Nel rivestire i panni di Marilena, prostituta del paese dal marcato accento romagnolo e dal precario tasso istruttivo (scrive maschio senza la acca), impartirà alle nostre ingenue studentesse quelle lezioni di seduzione quanto mai indispensabili per mettere alla berlina gli ipocriti notabili. Assolutamente mitiche rimangono le battute sulla calza nera "che sfila la cossia e ingrassa l'usel!", nonchè la camminata ancheggiata seguita da inaspettati e sonori peti. Ad aumentare l'aura di "sculto" del frangente narrativo, il "genio" di Lo Cascio opta per piazzarci anche un Salvatore Baccaro in forma smagliante nel breve ruolo di un contadino ritardato, anch'egli in grado di illuminarci con perle di saggezza del calibro di "...la donna è come il vino se ce l'hai ti fa girar la testa e se non ce l'hai ti fa girare i coglioni!" e amenità simili. A conclusione della sua performance (si fa per dire), il compianto generico affetto da acromegalìa si renderà protagonista di un'indimenticabile quanto rovinosa caduta da una scala a pioli sulla quale era salito per rimirar le grazie della Giorgelli e delle sue giovani allieve.

Per il resto, si muovono con disinvoltura nel marasma generale numerosi storici comprimari del cinema italiano come il sindaco Umberto d'Orsi, qui alla sua ultima apparizione, che rispolvera le sue abilità di giocatore di biliardo di fantozziana memoria; il tabaccaio Andrea Aureli, sedotto nella sua bottega da Patrizia ivi recatasi a comprar le caramelle; l'arcigno e bigotto notaio Gino Pagnani, cui fa da contraltare un Rod Licari dall'assurda capigliatura nella parte del fratello avvocato donnaiolo e spendaccione; non ultimo, ancorchè non accreditato, segnaliamo anche lo stesso Franco Lo Cascio che, sotto lo sguardo attonito e sbigottito del povero Aureli, declama barzellette e battute agghiaccianti che (volutamente?.. non volutamente?) non fanno ridere nessuno (a parte lui stesso).

Tra le situazioni trash di cui i nostri eroi si renderanno protagonisti non possiamo dimenticare l'avvocato Licari, che denudato dalle amiche di Patrizia, esibisce senza ritegno un fisico ultrarachitico degno di entrare, a buon diritto e senza nulla togliere al Baccaro, nell'Olimpo dei freaks, nonchè la trasfigurazione onirica della seduzione di Patrizia nei confronti del tabaccaio Aureli. Nel "j'accuse" finale del sindaco d'Orsi i nostri rivestiranno in un'atmosfera rarefatta e lisergica le rispettive parti di Cappuccetto Rosso e del lupo cattivo, con un Aureli seminudo, ghignante e sguaiato, immerso in un tripudio di colori fumosi e accesi da ideale antro delle streghe.

Il film si conchiude con un parallelismo, a dir poco rabberciato, tra i giovani ormai festaioli nel loro ritrovato cascinale e i notabili del paese impegnati in una delirante rissa in consiglio comunale.

Scenografie ultrapoveristiche del "grande" Demofilo Fidani, arcinoto improvvisato e improvvido regista, nonchè medium dell'ultima ora, coadiuvato dalla moglie Mila Vitelli.

Gradevole la colonna sonora di Gianfranco Plenizio, nella quale fa da tormentone il beateggiante brano dei titoli di testa intitolato "Little Darling" che accompagna e sottolinea quasi l'intera durata del film.

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