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Sotto shock

Regia di Wes Craven vedi scheda film

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La recensione su Sotto shock

di Antisistema
5 stelle

La carriera di Wes Craven è stata piena di alti e bassi, specie dopo la metà degli anni 90', quando subì un tracollo verticale, ma anche durante il periodo di forma del regista dal 1972 al 1995, passi falsi ce ne sono stati e questo Stotto Shock (1989) è inseribile tranquillamente tra le opere mediocri del cineasta, il quale cercava di tirare fuori dal film e dalla figura del serial killer Horace Pinker (Mitch Pileggi), un nuovo franchising che potesse eguagliare i fasti monetari di Nightmare (1984), su cui potesse avere però pieno controllo a differenza di quest'ultimo dove venne estromesso dalla New Line. C'è molto di Freddy Kruger a livello di concept in Pinker; un omicida dai poteri soprannaturali ed in grado di muoversi liberamente (Kruger tramite i sogni, Pinker grazia all'elettricità), i colori del vestito e una leggera ironia nera; cosa può andare storto? Perchè in effetti qualcosa non  andato bene, perchè se Nightmare ha sviluppato un franchising di 10 film tra seguiti, spin-off e remake, questo Sotto Shock (1989) non ha avuto invece alcun seguito, nè è riuscito ad instagliarsi nell'immaginario collettivo dello spettatore. 

Di difetti ce ne sono in abbondanza nel film, a cominciare dalla presunzione del regista di voler creare un cattivo "iconico" a tavolino già dalle prime sequenze, mostrandoci la sua camminata zoppicante, cercando subito il dettaglio univoco che deve stagliarsi nella mente dello spettatore più che costruire il cattivo poco per volta tramite il mistero sulle sue caratteristiche fisiche, oltre che ad inserirlo in un contesto e situazioni intrigranti come riuscì a fare con Nightmare (1984), dove si era intimoriti dalla presenza di Freddy Kruger e al contempo curiosi di saperne di più; di Horace Pinker nulla di tutto questo,  non perchè l'interprete non sia bravo, anzi, Pileggi si danna l'anima per riuscire a rendere interessante questo Freddy Kruger dei poveri, con il suo coltellaccio sempre bene in vista anche quando avrebbe dei poteri ben più adatti per poter uccidere il protagonista Johnathan Parker (Peter Berg), come ad esempio l'elettricità che sgorga dal suo corpo o addirittura prenderne il possesso, cosa che fà con ripetutamente con le altre persone, ma mai con il protagonsita pur avendone l'occasione. 

La colpa è anche di una regia in certi momenti troppo debitrice alla rivoluzione estetica lanciata da MTV, senza riuscire a creare un villain sensoriale dati i suoi poteri (anche se la colonna sonora metal molto anni 80' è azzeccatissima) e una sceneggiatura (scritta dallo stesso Craven), molto confusa e pasticciata nel delineare con chiarezza i poteri di Pinker; può entrare nei corpi della gente tramite l'elettricità (immagino del sistema nervoso), poi assumere fattezze incorporee con il suo vero aspetto, entrare nella rete elettrica, controllare l'elettricità ed infine passare attraverso gli schermi televisivi, insomma un quadro molto confuso a cui si aggiungono le visioni oniriche di Johnathan che vorrebbero rifarsi a Nightmare (1984), ma sono inserite nel film con poca grazia ed esiti narrativi abbastanza imbarazzanti quanto stucchevoli, come l'incontro con il fantasmino della sua ragazza Alison (Cami Cooper), con frasi sull'amore troppo retoriche, finendo poi per ingaggiare uno scontro a tre quarti di film con Pinker dal risultato visivo molto pacchiano.

 

scena

Sotto shock (1989): scena

 

Se il protagonista di solito è squadrato, devi giocarti bene il cattivo, le basi non mancano, ma Craven perde quasi metà film in inutili divagazioni sulla figura insulsa di Johnathan a cui frega niente a nessuno, prima di entrare nel vivo dell'opera facendo fulminare Pinker dalla sedia elettrica, che invece di ucciderlo, grazie alla conoscenza dell'uomo della magia nera, lo trasforma in elettricità pura, perseverando dopo tale espediente in una struttura narrativa ripetitiva (Pinker che possiede un corpo altrui e cerca di uccidere Johnathan, fallice e pochi minuti dopo ci riprova un'altra volta nel medesimo scopo, trascinandosi in questo modo fino allo scontro finale). Tra sequenze di vita di Jonathan a cui frega nulla a nessuno (il classico giocatore di football, dalla vita agiata borghese e padre ispettore di polizia), scene ripetitive nel loro schema, divagazioni fine a sè stesste che spingono la durata del film a quasi un'ora e cinquanta, Wes Craven se talvolta sfrutta la regia in soluzioni prive di senso (che senso ha quella che sembra una pseudo soggettiva in avvicinamento alle spalle di Jonathan, facendo presumere un attacco se poi quest'ultimo se ne sale tranquillamente in machcina e non c'era nessuno?), azzecca qualche scena di omicidio, come quello di Alison con un fuori campo giocato tutto di manico e per questo straziante, e la sequenza finale dello scontro tra Jonathan e Pinker  ultra-citazionista, grazie all'espediente nella lotta tra i vari canali televisivi, dandosi battaglia tra film western, pellicole dell'orrore, sit-com anni 50', luoghi reali come le manifestazioni di piazza e programmi di quiz, un guizzo avanguardistico che finisce con il sottolineare come Craven abbia sprecato malamente per quasi tutta la pellicola le facoltà di messa in scena concesse dai poteri del killer, perdendosi dietro una narrazione confusionaria, ripetitiva e anche superficiale nel descrivere le dinamiche sociali legate al ritorno dalla morte del serial killer (qualsiasi confronto con la descizione sociologica dei genitori in Nightmare i quali non volevano credere al ritorno del mostro, è troppo umiliante per il cineasta). Un tentativo non andato a buon fine di monetizzare da parte di Craven su un presunto franchising a colpo sicuro, che invece verrà accolto molto freddamente dal pubblico e demolito dalla critica, nonostante negli ultimi 20 anni ci sia stata da parte di alcune riviste di settore come Notturno, una rivalutazione dell'opera come critica alla televisione; non sento di condividere 'assunto, perchè tale questione non è mai centrale nell'opera, neanche come sottotrama, mostrandosi al più come potenziale sviluppo di un soggetto malamente sprecato e diciamocela tutta, Quinto Potere di Sidney Lumet (1976), Re per una Notte di Martin Scorsese (1982) e Videodrome di David Cronenberg (1982), hanno tutt'altro spessore nella critica al mezzo televisivo, che qui manca del tutto, avendo tutt'al più una fusione mal riuscita tra ciò che Craven pensava piacesse al pubblico del primo Nightmare (1984), con certo horror paranormale come La Bambola Assassina (1987), di un paio di anni prima, ma anche quello abbastanza sopravvalutato, invecchiato male e mediocre nella qualità. 

 

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