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Il segno del comando

Regia di Giulio Questi vedi scheda film

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Donapinto

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La recensione su Il segno del comando

di Donapinto
2 stelle

Ancora mi chiedo il senso di questo insulsissimo e dozzinale remake di uno di quelli che io personalmente reputo un grande classico della televisione italiana. Negli anni 70', tra un carosello e l'altro, la Rai produceva e trasmetteva alcuni signor sceneggiati che sono entrati di diritto nel patrimonio culturale e audiovisivo del nostro paese. GAMMA, A COME ANDROMEDA, RITRATTO DI DONNA VELATA, IL SEGNO DEL COMANDO, giusto per citare qualche titolo. Sceneggiati in bianco nero, girati prevalentemente in interni e dallo squisito impianto teatrale. Girato in cinque puntate nel 1971 da Daniele D'Anza e interpretato da attori come Ugo Pagliai, Carla Gravina, Massimo Girotti e Rossella Falk, IL SEGNO DEL COMANDO raccontava una storia di occultismo e reincarnazione che ruotava intorno alla misteriosa figura del poeta Lord Byron, ambientata in una Roma straordinariamente surreale e onirica. Questa inutile versione prodotta da casa Fininvest (lo stile non si smentisce) e diretta da un regista che agli esordi lasciava intravedere un interessante stile sperimentale, sposta l'azione in una Parigi talmente anonima che la scelta di qualsiasi altra città non avrebbe fatto alcuna differenza. Per ben oltre tre ore, dobbiamo sorbirci un Robert Powell isterico e frustrato (oltre che insopportabile) che corre dietro al fantasma di una bella fanciulla che lo chiama con un nome che francamente ho già dimenticato. Ritmo da ospizio per anziani, in cui si attende invano qualcosa che smuova il tutto e faccia ricordare la bellissima versione di un ventennio prima. Personaggi privi di qualsiasi approfondimento e interpretati da attori visibilmente annoiati con Elena Sofia Ricci in versione cronista d'assalto, anche se la bella attrice sembra molto più interessata a rimorchiare il represso professor Edward Forster anziché intervistarlo. Nel finale assistiamo a situazioni talmente ridicole, che e' almeno per me lecito chiedersi se regista e sceneggiatori abbiano tagliato la corda prima del tempo, nonostante, mi risulta, un budget di produzione alquanto generoso. L'importante e' che non siano stati utilizzati soldi pubblici.

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