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Everest

Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film

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La recensione su Everest

di marcopolo30
6 stelle

Film dai due volti. Straordinario per quel che riguarda la resa della sfida dell'uomo alla montagna, realistica al limite del dolore fisico. Eccessivamente (e hollywoodianamente) melodrammatica invece la risoluzione del dramma umano. Comunque da vedere. VOTO: 6

Presentato all'edizione numero 72 del Festival di Venezia (era il film che, fuori concorso, apriva la rassegna), venne ricevuto un po' da tutti con giudizi critici ben poco lusinghieri. Francamente, che da un ambiente che fa dell'autorialità (che cosa poi vorrà mai dire tale sostantivo...) il suo vanto, un dramma con azione come questo venga trattato con sufficienza sorprende ben poco. Fosse anche stato questo “Everest” del pragmatico islandese Baltasar Kormakur il miglior film di montagna e alpinismo mai realizzato, son certo che tale ambiente, tale pubblico lo avrebbe accolto esattamente con la stessa freddezza. Premesso ciò, e premesso pure che adoro la montagna, trovo che l'opera in questione sia assolutamente sublime come film di/sulla montagna, portando lo spettatore a soffrire quasi fisicamente quello che stanno soffrendo i protagonisti sullo schermo (cioè, sul Monte Everest sullo schermo...). Trovo altresì, e qui rischio forse la contraddizione, che sia questo un drammone strappalacrime eccessivo come solo i drammoni strappalacrime hollywoodiani sanno essere, che senza troppo ritegno né dissimulazione sbuccia più volte una cipolla proprio sotto il canaletto lacrimale dello stesso spettatore che ha appena menato oltre gli ottomila metri di altitudine. Io almeno l'ho visto e vissuto così: due pellicole in una. Il plot è ben noto, trattandosi di una storia vera e peraltro conosciuta ai più (agli over 40, quanto meno). I dettagli di tale immane tragedia si perdono e si fondono nei racconti dei due più autorevoli superstiti: il giornalista e scrittore americano Jon Krakauer (autore tra le altre cose di quel “Into the Wild” portato poi al cinema da Sean Penn) e l' alpinista russo Anatoli Boukreev. Le due versioni furono piuttosto divergenti, e qui Kormakur e i suoi sceneggiatori William Nicholson e Simon Beaufoy sembrano prendere per buona quella di Boukreev (deceduto peraltro pochi anni più tardi durante un'altra scalata), al punto da spingere Krakauer a minacciare azioni legali nei confronti dei produttori. Chi racconti la verità, chi balle sarebbe -va da se- impossibile da stabilire, e francamente poco influirebbe sul mio giudizio, nel senso che quel che c'è di buono si deve fondamentalmente alla montagna e al rapporto di questa con l'uomo in genere, e quel che invece risulta fallato è -soprattutto nel finale- un approccio eccessivamente melodrammatico e quindi anch'esso avulso dal chi è chi delle cronache fattuali. Per quel che riguarda gli interpreti, molto bravo come al solito Josh Brolin, diligente Jason Clarke, un po' sopra le righe invece Jake Gyllenhaal e Keira Knighteley (quest'ultima secondo me lo è quasi sempre). Nel complesso, un film che val bene la pena d'esser visto ma che poteva ambire a ben altre vette (e scusate l'involontaria freddura). Al botteghino fece faville con oltre 200 milioni incassati a fronte dei circa 55 spesi per la sua realizzazione.

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