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Les Terrasses

Regia di Merzak Allouache vedi scheda film

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La recensione su Les Terrasses

di Spaggy
6 stelle

La primavera araba ha sconvolto gran parte dei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo ma non l’Algeria e i suoi abitanti, che contrariamente a quanto avveniva altrove hanno vissuto e vivono un momento di grande apparente tranquillità sociopolitica. Les terrasses di Merzak Allouache ci porta proprio ad Algeri e scruta la città osservando da vicino la vita di cinque terrazze che si popolano di personaggi. Ogni terrazza diventa teatro di una storia diversa, lasciando che si intreccino vicende che riflettono come in realtà l’apparenza sia solo una questione di facciata.



I tumulti algerini passano di fatto attraverso la quotidianità, riempiendo di violenza, intolleranza e contraddizioni, i quartieri cittadini e lasciando senza speranza coloro che rimangono a guardare. Al ritmo delle cinque preghiere musulmane che richiamano durante l’arco di una giornata le attenzioni dei fedeli, Allouache non si fa remore nel non giustificare i comportamenti più folli, rappresentandoli con l’assoluta normalità di chi tutto è abituato a vedere o a vivere. Lambendo temi come la delinquenza o l’omosessualità femminile, il regista sceglie di affidare alla morte (inflitta o volontaria) il compito di trovare una soluzione ad avversità che sono il frutto di una condotta sociale alla deriva: come se nulla fosse, è possibile eliminare una troupe televisiva che sbarra la strada a un criminale intento ad uccidere il proprio fratello, lanciarsi da un balcone per non soccombere alla violenza di un uomo (di famiglia?) che reprime i sogni e la fantasia di una donna che si secchia (finendo per innamorarsene) nella sua dirimpettaia, far fuori un padrone di casa che reclama una proprietà usurpatagli in maniera illegale, scacciare il demonio con pratiche tribali e occultare un delitto solo per fare quasi un dispetto a un genero arrivista.



Crudo e asettico, Allouache non manca poi di lanciare critiche rivolte verso la fede cieca nei confronti di Allah, verso l’imperante maschilismo o verso il comportamento dei terroristi, che per anni hanno rapito e stuprato giovani ragazze, o di chi non vuole accettare la condivisione di uno spazio tra arabi e cristiani (la documentarista chiede, ad esempio, al suo cameraman di evitare di far riprese sui cimiteri). Con le terrazze del titolo che diventano isole al di sopra della legge, Alloauche preme il piede sull’acceleratore dello sguardo distaccato e distante non riuscendo, con il suo “vorrei ma non posso”, a vincere la patina di diffidenza di chi guarda, convinto di trovarsi di fronte a una rappresentazione finta di temi veri ma fin troppo abusati.

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