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Che strano chiamarsi Federico

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su Che strano chiamarsi Federico

di FilmTv Rivista
8 stelle

C’eravamo tanto divertiti... Ettore Scola a Venezia 2013 era incredulo della commozione suscitata da Che strano chiamarsi Federico, Fuori concorso alla Mostra. La loro amicizia, infatti, nacque e prosperò sotto il segno dell’ironia e dell’autoironia, dei vagabondaggi notturni, di un disincanto non privo di tenerezza. «È una festa la vita, viviamola insieme», diceva Mastroianni in 8 1/2. Il film è un memoir (in italiano, amarcord) ed è un tributo all’amico nel ventennale della scomparsa, sceneggiato dal regista ottuagenario con le figlie Paola e Silvia, e interpretato fra gli altri da Tommaso e Giacomo Lazotti (nipoti di Scola) e da Vittorio Viviani nei panni del narratore. Mutua il titolo da un verso di García Lorca e si sfoglia come un album dei ricordi o uno zibaldone visionario, secondo la formula felliniana del regesto di pensieri, aneddoti, sodalizi, amori (per pudore v’è giusto un accenno a Giulietta Masina). Fellini era nato a Rimini nel 1920, Scola è del 1931, originario di Trevico nella Campania irpina. Due provinciali a Roma madre matrigna mignotta. Si riconobbero grazie alla comune passione per le vignette, le storielle e i sogni in celluloide, nella redazione della rivista umoristica “Marc’Aurelio”. Eccoli poi affermati e infine invecchiati, mai privi di curiosità, «a caccia» di incontri e personaggi: Sergio Rubini è un madonnaro scettico sul cinema; Antonella Attili impersona la prostituta di La dolce vita con un’eco di Le notti di Cabiria. Gli episodi ricostruiti nel mitico Teatro 5 di Cinecittà si alternano a immagini di repertorio, stralci dei capolavori di Fellini o delle sue interviste con la vocina reticente o menzognera. Una chicca? La sequenza, esilarante e un po’ crudele, dei provini ai quali si sottoposero Sordi, Gassman e Tognazzi per il Casanova, mentre Federico aveva già scelto Donald Sutherland! Fellini sempiterno Pinocchio, nonostante i cinque Oscar vinti e l’affetto della gente che in lui intravide un riscatto simbolico dell’Italia perbene. Ed è degno di Collodi il finale di Che strano chiamarsi Federico: durante l’estremo saluto dei romani, il morto risorge e scappa, inseguito da due carabinieri in alta uniforme fra le scenografie di Cinecittà.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 38 del 2013

Autore: Oscar Iarussi

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