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Muhammad Ali's Greatest Fight

Regia di Stephen Frears vedi scheda film

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La recensione su Muhammad Ali's Greatest Fight

di champagne1
6 stelle

Nel 1967 il giovane Cassius Clay, fresco campione mondiale dei pesi Massimi, dichiara di essere mussulmano e richiede lo status di obiettore di coscienza per non essere inviato a fare la guerra nel Vietnam.

Accusato di renitenza alla leva e sottrattagli non solo la corona dei Massimi, ma la stessa licenza di pugile, così che per guadagnarsi da vivere deve reinventarsi in altri ruoli e mestieri, Muhammad Ali però non solo recede dalle sue posizioni, ma accetta tutto quello che gli viene imposto con la certezza del giusto che deve solo aspettare di vedersi riconosciuto.

Ricorre fino alla Corte Suprema per vedere discussa la sua questione e ottenere un verdetto nel merito, nel sospetto che le azioni iniziate contro di lui abbiano a che fare più con la discriminazione razziale che col diritto. La Corte Suprema che dovrà giudicare il caso è composta per larga prevalenza (6 giudici su 9) di magistrati con orientamento politico "repubblicano".

Il film racconta la storia del verdetto e di come esso fu raggiunto, anche per l'opera di uno dei giovani collaboratori di uno dei giudici, capace di lottare fino in fondo in nome della Carta Costituzionale.

                                                        

Opera interessante e dal ritmo incalzante, anche per la sua capacità di mantenersi molto aderente alla realtà storica alternando alla recitazione le immagini di repertorio tratte da TV e cinegiornali dell'epoca.

Se da un lato aiuta a far emergere il personaggio di Ali, un uomo tutto di un pezzo, disposto alla galera pur di non rinnegare il suo credo, uno all'apparenza abbastanza spaccone ma sempre corretto, uno che reclama giustizia ma non vuole vendetta; dall'altro tenta di fornire una celebrante apologia del "sistema americano" e dalla sua presunta capacità di sapersi autoemendare anche in condizioni di affanno democratico.

Il regista, peraltro britannico, ha comunque per lo meno il merito di permetterci di conoscere che la sentenza su Ali fu congegnata in maniera tale da non creare precedenti ed evitare che altri neri di religione islamica si mettessero nelle condizioni di poterne beneficiare come "precedente" giuridico.

Della serie: i diritti sì, ma non esageriamo!

                                                      

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