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Una piccola impresa meridionale

Regia di Rocco Papaleo vedi scheda film

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La recensione su Una piccola impresa meridionale

di giancarlo visitilli
6 stelle

Si comincia sempre così: non ci sono alternative. O, “da bambino diventi tifoso di Gesù Cristo”, oppure, cominci a servire la messa e “ti scoppia qualcosa dentro”. Chiamasi vocazione. Alla vita, sembra indicarci, il piacevole film di Rocco Papaleo, che ancora una volta, in esso racchiude tutta la sua poetica e la sua arte. La musica, più di tutte. Perché il film, sin dalla prima sequenza, ci fa imbattere in una commedia essenzialmente musicale. In essa, un ex prete, don Costantino, viene confinato da sua mamma, Stella, in un vecchio faro dismesso, lontano da occhi indiscreti. Bisogna evitare che in paese si sappia che don Costantino si è spretato. Inoltre, mamma Stella deve già far fronte ad un altro scandalo: sua figlia Rosa Maria ha lasciato il marito, Arturo, ed è scappata con un misterioso amante. Il vecchio faro in disuso, che avrebbe dovuto garantire l’isolamento al prete, comincia a diventare un refugium peccatorum per personaggi fra i più strambi e bizzarri: un’ex prostituta, Magnolia, lo stesso cognato cornuto, Arturo, e alla fine, la stravagante ditta di ristrutturazioni, chiamata per riparare il tetto del faro. Tale ristrutturazione sarà solo il pretesto per una ricostruzione più profonda e per ognuno.

Rocco Papaleo è un grande artista, a tutto tondo. Per chi conosce la sua poetica, è tutta concentrata nel film, dalla musica, alla poesia, ad una buona regia, fino ad un’ottima recitazione, mai sopra le righe, nonostante la caratterizzazione di personaggi dall’accentuata personalità e dal forte legame con la loro terra d’origine, quella già ampiamente decantata nel primo suo film, Basilicata coast to coast (2010).

Circondandosi di uno stuolo di attori e attrici, di grande talento, dal bravissimo Riccardo Scamarcio, mai visto così naturale, la magnetica bellezza di Barbara Bobulova e la straordinaria bravura di Giuliana Lojodice, insieme all’importante prova di Claudia Potenza, Papaleo confeziona un film semplice, ma che emoziona e fa ridere. E il dosaggio fra questi due ‘ingredienti’ è giusto, misurato, sapido. Nel film si rievocano alcune reali combinazioni della vita di ogni giorno, in cui, come capita dirsi, “la gente mormora”. Ed è un continuo fare i conti con se stessi, prima di tutto, affrontando e guardando in faccia gli scandali e i tabù, di cui la nostra cultura continua ancora a nutrirsi. E’ questo che impedisce di illuminarci e, nello stesso tempo, illuminare. E non c’è faro che regga, se la ‘ristrutturazione’ non parte da ognuno.

E’ straordinario scoprire come la vocazione di ciascuno, alla vita, si adagi e trovi i suoi giusti spazi, nella poetica dei luoghi, ampi, assolati e aperti, per una narrazione libera, che riflette la libertà interiore di tutti i personaggi del film. A questo si aggiunga una colonna sonora particolarmente attenta di Rita Marcotulli, ma che si avvale di tante canzoni, già famose di Papaleo. Il tema principale del film rimane, come quello di Basilicata coast to coast, quello del viaggio, ma non da una costa all’altra. Si tratta, piuttosto, di un viaggio interiore, in cui, il primo ad errare é Papaleo, cantastorie ondivago, carico di una spiritualità e di una vitalità interiore, che appartiene solo a chi è capace di essere se stesso poesia.

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