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Il fondamentalista riluttante

Regia di Mira Nair vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Il fondamentalista riluttante

di giancarlo visitilli
6 stelle

Mai affidarsi delle apparenze”, vale sia per la storia di cui si racconta nel film, ma anche nel caso in cui si avesse l’idea che tutte le ciambelle, a cinema, quelle confezionate dalla regista indiana, escano con il buco. I film, belli o brutti, interessanti o meno, prima di essere giudicati, vanno visti. Altrimenti, l’apparenza, fosse anche della bella locandina del film, della sinossi, del ricco cast, possono ingannare.

In questo caso, si tratta di un altro film sul mondo post 11/9, tratto dall’omonimo romanzo di Mohsin Hamid (Einaudi). Un viaggio in quel dramma che colpì il mondo, e l’America, in modo particolare, e che ha cambiato per sempre una certa visione del mondo e dei popoli. Ci si chiede, però, se un altro film su tale vicenda fosse davvero indispensabile. E non solo perché, ormai, ne conosciamo a menadito, le vicende, le cause e le conseguenze, di cui ancora oggi subiamo. Perché, la storia raccontata da Mira Nair, avendo un occhio fedele al romanzo, infatti, parte dal 2010, su quello che accadeva un anno prima della tragedia. Mentre imperversano le manifestazioni studentesche a Lahore. E’ qui che un giovane pachistano, il professor Changez Khan, intervistato dal giornalista americano, Bobby Lincoln, racconta il suo passato di brillante analista finanziario a Wall Street. Gli parla del luminoso futuro che lo attendeva, del suo mentore, Jim Cross, e della bellissima Erica, con la quale si preparava a condividere il futuro. All’indomani dell’11 settembre, però, il senso di alienazione e il sospetto con il quale viene improvvisamente trattato, lo riporta nella sua terra di origine e dalla sua famiglia, alla quale è molto affezionato. Il suo carisma e la sua intelligenza lo fanno subito diventare un leader sia agli occhi degli studenti pachistani che lo adorano sia del governo americano che lo guarda con sospetto.

Interessante, del film, è la scelta del serrato faccia a faccia tra il giornalista e il professore, che però avrebbero meritato una sceneggiatura migliore, rispetto a quella che li vede partecipi di dialoghi, molte volte ridicoli (il pachistano che consiglia all’americano di spiaccicarsi in faccia il pollo marinato, solo per ricordarne una e neanche fra le peggiori). Non manca neanche la solita virata sul melodramma più convenzionale che sta caratterizzando tutte le ultime produzioni di Mira Nair.

Il film ha un sapore un po’ troppo ‘grillino’: pecca di un qualunquismo esasperato. E si sciupa l’occasione importante per darci qualche segnale, per esempio, sul mondo capitalista e su quello islamico, trattati con una banalità di cui siamo abituati già dal piccolo schermo.

Inoltre, non molto credibili neanche gli attori, sebbene bravissimi, ma poco convincenti, soprattutto la Kate Hudson, alla sua età, ancora fotografa di strada, con tanto di cappellino alla rovescia.

A ciò si aggiunga la lunghezza eccessiva del film, per lasciare la sala con in testa, ma soprattutto nel cuore, poco o nulla di ciò che si è visto o ci si è sforzati di ascoltare. Sebbene si parlava di vita e di morte. 

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