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Un giorno devi andare

Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film

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La recensione su Un giorno devi andare

di supadany
6 stelle

Comunque la si veda, questa è una prova di maturità per Giorgio Diritti che al terzo film cerca il grande salto, non riuscito fino in fondo per più ragioni.

Si respira l’ambizione, la sparuta realtà del cinema italiano di oggi, d’autore o da commedia che esso sia, è messa alle spalle con enorme volontà, il fatto che soddisfi o meno in questo caso può anche essere secondario, perché l’unica certezza è che il regista non ha intenzioni di incanalarsi nel consueto viver (riprendere) le solite cose.

Augusta (Jasmine Trinca) lascia tutto alle spalle per andare in Brasile, si affianca ad una missionaria che aiuta i più poveri nel nome di Dio, ma presto capisce che anche questa realtà le va stretta.

Decide così di vivere in una piccola comunità messa in pericolo dal progresso, un orizzonte difficile che prevede deludenti fallimenti ma anche la gioia ritrovata nell’abc della vita.   

 

scena

Un giorno devi andare (2013): scena

 

Un giorno tutti dobbiamo (dovremmo) andare, prendere una cazzo di (fottuta) direzione col coraggio che manca, tanto che lo sprono spesso avviene (può avvenire) solo dopo un fatto inaspettato, quasi sempre doloroso, che ci cambia la vita (nel caso della protagonista tutto è chiaro nell’immagine di apertura).

Giorgio Diritti ci trasporta lontano anni luce dalle quattro mura tipiche del cinema italiano e ci immerge nel riflesso (in)condizionato della natura, e vita umana, più recondita

Il nucleo è “la ricerca della base per ritrovare un senso” (cit.), la prima parte (abbondante) è illuminante in tal senso, le immagini danno tanto, gli sguardi di Augusta fanno il resto, semmai le parole non sempre seguono all’unisono l’essenzialità del processo.

Un difetto non saliente, semmai si perde il filo alla distanza, per poi ritrovarlo improssivamente in un finale senza parola alcuna, in mezzo un rimando italiano, fin troppo prolungato, alquanto debole ed altre approssimazioni di troppo (l’essenza diviene lontana).

Ma come già detto, non si può buttare via tutto, questo a partire da una Jasmine Trinca irrequieta interiormente che dopo (praticamente contemporaneamente) a “Miele” (2013) si distanzia un’altra volta da tutte le sue colleghe italiane per prassi, scelte e modalità, praticamente immarcabile (come quando gioca a calcio con i ragazzini), quasi una visione alla quale certe ristrettezze non possono che andare scomode (di lei si può anche apprezzare il fatto di non voler fare mille film per forza).

Un giorno devi andare” è un’opera discutibile e faticosa, certo il tema (ci) richiede uno sforzo in più (assai più facile soddisfare con un titolo come “L’uomo che verrà” (2009)), da qui un coraggio che già solo nel tentativo, peraltro non privo di spunti importanti, merita considerazione.

(Giorgio) Diritti verso la prossima meta. 

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