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Bella addormentata

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bella addormentata

di ed wood
8 stelle

Meno folgorante del previsto quest'ultima fatica di Bellocchio. Intendiamoci: resta due o tre spanne sopra la media del cinema italiano contemporaneo, ma non ha nè l'ispirazione irripetibile di "L'ora di religione" nè la potenza audio-visiva di "Vincere" o la provocazione visionaria di "Buongiorno, notte". E' piuttosto la nemesi di "Il regista di matrimoni", controversa fantasia surrealista, pienza zeppa di enigmi, false piste e libere associazioni. Se quello era un film tutto da decifrare, "Bella addormentata" è invece decisamente chiaro, lucido e trasparente, per gli standard del regista piacentino. In tutto il film, così denso di storie e personaggi, non c'è una sequenza che si possa definire onirica o visionaria o enigmatica o simbolica (a parte forse la foto di gruppo coi membri del PDL coperti dalle immagini delle adunanze di partito, proiettate alle loro spalle). E questa è certamente una sorpresa, non proprio positiva, considerando che ciò che ha distinto, nell'ultimo decennio, il cinema di Bellocchio dal resto dei compaesani è stata proprio la capacità di provocare attraverso l'invenzione figurativa. In "Bella addormentata", Bellocchio ha il torto di affidarsi troppo alla parola, correndo il rischio di scivolare nello spiegazionismo, nella retorica, nll'ovvietà, nelle sottolineature didascaliche. La prima parte del film è, in questo senso, deludente; e in certi frangenti, la regia pare proprio perdere il controllo sugli attori e sul tono, svivolando talora in derive grottesche o melodrammatiche a stento governate, salvandosi solo grazie alla capacità di tenere un ritmo serrato (grazie anche ad un efficace montaggio alternato) per non disperdere la tensione e l'interesse verso i personaggi. Poi, nella seconda parte, il film prende quota, raggiungendo un climax in cui emergono, con tutta la loro forza frastornante, i paradossi morali di individui tanto diversi fra di loro per convinzioni e atteggiamenti quanto accomunati da una lacerante "umanità". Al netto del formalismo hollywoodiano e con l'aggiunta di una mai sopita rabbia, la dolente polifonia di "Bella addormentata" rimanda in qualche modo a "Magnolia" di Paul Thomas Anderson. Nella seconda e migliore metà di film, convergono e si amalgamano tematiche che compongono un sunto della poetica bellocchiana: il senso di responsabilità scaturito dalla coscienza individuale, la forza lacerante dubbio, la pazzia come condizione esistenziale, il rapporto conflittuale con madri e padri, la riaffermazione dell'identità e della libertà individuali a fronte dell'immagine imposta dalle istituzioni (il partito, la famiglia, la professione), il rapporto fra sè e gli "altri" e il modo in cui esso viene percepito a seconda della prospettiva da cui lo si guarda/vive. Non tutti i personaggi sono disegnati bene. Resta irrisolta ad esempio la figura di Maria, personaggio debole alla quale la Rohrwacher infonde comunque una forza emotiva non comune. Emblematica invece la figura dell'attrice, interpretata dalla solita indimenticabile sconvolgente Huppert, espressione di una cultura irrimediabilmente corrotta dalla menzogna, dalla "fede" cieca nella recitazione. A rendere il film degno di essere visto ed apprezzato è soprattutto lo stratosferico cast. Oltre alle già citate Alba e Isabelle, vanno menzionati almeno il sempre convincente Herlitzka, il memorabile disperato sballato discorso della "tossica" Maya Sansa e, chiaramente, tutte le parole, i gesti e le espressioni del viso del maggior attore italiano vivente: Toni Servillo.

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