Espandi menu
cerca
Pulce non c'è

Regia di Giuseppe Bonito vedi scheda film

Recensioni

L'autore

logos

logos

Iscritto dal 15 aprile 2014 Vai al suo profilo
  • Seguaci 19
  • Post -
  • Recensioni 310
  • Playlist 2
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Pulce non c'è

di logos
7 stelle

Il film di esordio di Giuseppe Bonito, sulla falsariga del romanzo di Gaia Raynieri che ha anche lavorato sulla sceneggiatura, presenta sicuramente un coinvolgimento personale del vissuto del regista, e proprio per questo non può non lasciare traccia nello spettatore, non colpirlo per l’umanità poetica e delicata che è in grado di trasmettere, senza cadere nella drammaticità cupa, ma giocando con splendide sottrazioni le dinamiche, tutt’altro che lineari, di una famiglia alle prese con la loro amata bambina autistica. Il tutto visto dall’angolazione della sorella maggiore, che osserva la sua famiglia, le premure della mamma nei confronti di Pulce, soprannome della sorella minore autistica Margherita, un papà presente ma anche un pò più distanziato rispetto al tutto fare della moglie, mentre Pulce viene coccolata, stimolata da parte dei famigliari, con una gestualità sedimentata nel tempo che non ha bisogno di parole per comunicare l’affetto.

 

Come insegna la pragmatica della comunicazione, ogni gesto veicola un messaggio, e non si può non comunicare, perché qualunque comportamento, anche quello non verbale, è un atto comunicativo. In più la mamma, grazie alla consulenza di una psicologa, adotta con Pulce la comunicazione facilitata, grazie alla quale la bambina, sostenuta dalle mani amiche, può scrivere sulla tastiera del computer i propri pensieri e le proprie emozioni. Si tratta però di una procedura che deve essere attuata con un vero e proprio tirocinio per coloro che assistono Pulce. Infatti devono stare molto attenti a porre le domande senza influenzare le eventuali risposte e in più devono essere in grado di compiere un grande sforzo di passività nel sorreggerle le mani, per evitare che digiti lettere e parole che sotto sotto albergano, magari inconsciamente, negli assistenti piuttosto che nell’assistita. Questa pratica verrà attuata dalle maestre di Pulce, senza il tirocinio necessario, e l’effetto sarà un vero e proprio incubo kafkiano. Infatti si viene a sapere che Pulce è abusata sessualmente dal padre, perciò viene immediatamente sottratta alla famiglia, spedita in comunità, mentre la famiglia è costretta a subire le perquisizioni dei carabinieri nella loro casa, la madre e la figlia ad affrontare gli interrogatori dal parte del pubblico ministero, con tutte le conseguenze che ne susseguono a effetto domino: madre e figlia maggiore, ma non il padre, possono vedere Margherita soltanto due volte alla settimana in comunità; nelle dinamiche famigliari inizia a insinuarsi il dubbio sul padre ma anche un faticoso lavorio per affrontarlo, basato sulla tensione, sul linguaggio prossemico, sui giochi di sguardo, sullo spaccare tutti i piatti da parte della moglie esasperata, per concludere, infine, con strette delicate di mani da parte dei coniugi, giusto per sottolineare che un dubbio è un dubbio, e come tale non né un si né un no, né positivo né negativo, ma che può diventare o l’uno o altro se rispettivamente vi è comunicazione oppure no, collaborazione oppure no, visibilità interattiva oppure no. La famiglia imbocca la prima strada, scongiurando un desiderio appena accennato di suicidio del padre, e lentamente essa prende la forza e il coraggio per mostrare le prove necessarie in appello per scagionare il padre e riottenere Pulce in famiglia.

 

Tutto sembra ruotare intorno a Pulce: ruotano i genitori, ruota la scuola, le istituzioni socio assistenziali e giudiziarie, ma in realtà Pulce non c’è, perché le istituzioni girano a vuoto, fabbricando una bambina che non esiste per legittimare la loro funzionalità; e in fondo, nota più dolente, anche per la famiglia Pulce non c’è, perché anche la famiglia, per i suoi equilibri sistemico relazionali, ha bisogno di Pulce che di fatto non corrisponde a quella che Pulce è in sé. Tutto questo lo dice la sorella maggiore, che in tutta questa vicenda deve anche attraversare il rito di passaggio verso l’adolescenza, con tutte le sue fragilità, e come tale si sente sempre più piccola, come un insetto, anche se essere un insetto ha le sue prerogative, può non essere visto e vedere, e se in più è un ragno sa aggirarsi nella sua ragnatela di bava seguendo le sue linee rette, anche se per un occhio esterno quel batuffolo può sembrare soltanto un inestricabile caos. Questa metafora dell’insetto e del ragno è dolcissima e azzeccata perché per un verso si lega a tutta l’atmosfera kafkiana che il film dipana nei suoi risvolti drammatici, in più raffigura lo stato d’animo della sorella maggiore, ma anche della famiglia stessa, che nel suo caos apparente, nei suoi litigi, nei suoi alti e bassi, è cementata dall’amore, che è anche fatica, rischio e ambivalenza. Ma in più è una metafora per entrare nel mondo autistico di Margherita, incomprensibile, sfasato, disarticolato, ma solo per gli "alessitimici", che non sanno leggere le proprie e altrui emozioni, anche se usano la logica e il linguaggio verbale e costruiscono le loro inferenze…

 

Posso dire che il film mi è piaciuto, ottimo cast, ottima regia, con un impegno di reale passione e onestà nel considerare la centralità dell’autismo in un’ottica sistemico-famigliare. Mi sarei però aspettato una maggiore attenzione sul funzionamento della macchina giudiziaria e dei servizi sociali e scolastici; troppo precipitosi e giustizialisti nel trascinare una bambina in comunità. Su queste cose si va giù troppo pesante, in situazioni del genere la sottrazione di una bambina alla famiglia non avviene in un tempo così veloce senza un’indagine più accurata. La figura dell'insegnante ne esce mal ridotta, ridotta a spia dei mondi privati e sorvegliante di uno Stato camaleontico. Con questa operazione, viene comunque evidenziata l’astrattezza delle istituzioni, ma se proprio si vuole criticare tale astrattezza ci possono anche essere altri modi più ficcanti, come ad esempio quella azzeccata sugli stessi legami tra le cooperative sociali per tutelarsi e spalleggiare a vicenda una tesi data per presupposta. Altri modi migliori anche perchè se è ben centrata la scissione tra mondo privato e mondo pubblico, tra il noi e il loro, ciò non è, a mio avviso, da attribuire a una cosa pubblica onniscente, ma semmai sempre più latitante, lasciando al terzo settore il lavoro in prima linea, con personale educativo spesso raffazzonato, non per colpa propria, ma perchè ipersfruttato e non aggiornato per assenza di fondi, appunto, pubblici, o che magari vengono girati di fatto per altre faccende del tutto illecite. 

Comunque è una stonatura che poco toglie alla bellezza del film, che mette a nudo, per sottrazione, un realismo crudo e incantevole nei rapporti famigliari, all'interno di un mondo normale e anonimo che diventa sempre più pazzo e fuori controllo per il suo perbenismo conformista, assai scialbo al cospetto di quegli occhi profondi, persi nell'abisso, di una anziana signora che ogni tanto incontra gli occhi della sorella maggiore, con un sottile legame di intesa indicibile...

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati