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Tutto parla di te

Regia di Alina Marazzi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tutto parla di te

di maghella
8 stelle

Film intenso e molto emozionante quello di Alina Marazzi, brava regista di documentari, in questo “Tutto parla di te” cerca, e ci riesce, di fondere insieme materiale documentaristico con una storia fiction su un tema difficilissimo come quello della crisi post partum, o comunque sulla consapevolezza delle giovani (e non) mamme che il nuovo stato materno non è così “automaticamente” stupendo come viene dipinto dalla società e come vuole la cultura matriarcale.

Alla storia di Pauline (Charlotte Rampling), una anziana signora che dopo molti anni ritorna a Torino per una ricerca verso le donne che hanno o hanno vissuto la crisi post partum (chiamato anche “maternity blues”, che è anche il titolo di un'altro film italiano che ha trattato questo tema) e Emma (Elena Radonicich), una giovane mamma ex ballerina, che non riesce a vivere serenamente il rapporto con il proprio bambino di pochi mesi, si uniscono le storie di tante altre donne intervistate realmente dalla Marazzi, che riprese in primo piano, raccontano le loro difficili esperienze con il neonato, tutte differenti e eppure tutte simili nell'angoscia, nella solitudine nel senso di incomprensione e disadattamento per il nuovo stato di mamma.

Emma frequenta per aiutarsi un consultorio, “La casa di quartiere”, Pauline la incontra e subito tra le due donne scatta una intesa fatta di sguardi, anche se Emma rimane nel suo stato depresso e diffidente.

Pauline affronta il passato con il nuovo presente attraverso la casa dove ha vissuto da piccola, i suoi ricordi e le sue contrastanti emozioni sono ben raccontate per immagini dalla regista, che adopera tutti i “trucchi” del mestiere per farci immettere in uno stato emotivo molto forte, utilizzando riprese in bianco e nero, visioni di fotografie, di ambienti lontani, onirici... Intanto continuano le testimonianze delle neo-mamme, che sono sempre più toccanti, Pauline guarda anche un frammento di una trasmissione “Storie maledette” (che io seguo sempre) condotta da Franca Leosini che intervista Mary Patrizio, una giovane donna che il 18 maggio del 2005 annegò il suo piccolo bambino di 5 mesi nella vasca da bagno (per questo reato la Patrizio sta scontando una pena di 14 anni nel carcere di Castiglione delle Stiviere), posso dire che nonostante conoscessi questo brutto fatto di cronaca, ho abbassato gli occhi per la commozione di fronte ad una tragedia così grande, che nessun film, nessun racconto può rendere quanto le parole stesse della condannata, che quando uscirà dal carcere continuerà la sua “fine pena mai” vivendo senza il suo bambino che (sembra impossibile) amava moltissimo.

Emma riuscirà a superare la sua profonda crisi, Pauline riuscirà ad affrontare il suo passato riconoscendo in Emma quella madre sofferente che ha avuto da piccola, che (contrariamente a Emma) non è riuscita a vincere il terribile momento del post partum dopo la nascita del fratellino di Pauline, causandone la morte.

Lo stato d'animo e la concezione stessa di famiglia e di maternità viene ben descritta con due piccole parentesi animate da bambole, in una casa di bambole, dove per la prima volta si nota la presenza di un padre in famiglia, figura appena accennata in tutto il film, figura inesistente in questi momenti di totale buio per le donne, il compagno, il padre diventa un nemico in più, il più fastidioso e forse il più facile da eliminare.

La cosa che ho trovato in alcuni momenti troppo “pesante” sono state qualche scene forse troppo forzate di immagini utilizzate per legare meglio le parti documentaristiche con quelle da fiction, questa è forse l'unica critica che posso sollevare al film.

Apprezzo molto questa voglia del “nuovo” cinema di sfondare il tabù della crisi post partum, depressione seria che intacca la visione idilliaca che si ha dello stato materno. Le donne non sono macchine di riproduzione, l'istinto materno non è automatico, non esistono ormoni magici che rendono tutto bello e facile. Le testimonianze vere di questo film sono di profondo dolore prima di tutto proprio per le dirette interessate, che si credono sbagliate (questo è il primo sentimento) per non provare immediatamente solo amore per il bambino, questo senso di disagio provoca una vergogna che rende difficile confessare, in un contesto sociale in cui la famiglia è il nucleo incontrastato della sicurezza e della felicità, purtroppo questo non è per tutti, il fatto che finalmente le donne riescano a raccontarlo (anche con tante difficoltà) e a chiedere aiuto è decisamente un passo in avanti per una famiglia più sana.

Charlotte Rampling è sempre di gran impatto emotivo, e sicuramente ha aiutato il lancio per questo difficile film, che spero venga accolto come merita, non giudicato frettolosamente, un film da ascoltare soprattutto.

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