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Into the Abyss

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Into the Abyss

di alan smithee
8 stelle

Presentato in Italia al Torino Film Festival del 2011 e subito andato "a ruba" (tanto che non riuscii a vederlo in quella occasione), "Into the abyss" e' il penultimo documentario fino ad ora uscito dalla fitta produzione del celebre regista tedesco, da anni ormai piu' avvezzo ad esprimersi con questa forma meno tradizionalmente narrativa, che lascia tuttavia piu' spazio e libertà espressiva alla cronaca a scapito del romanzo, per ottenere una forma piu' consona ad una visione realistica e non recitata e per questo spesso incredibilmente spiazzante. della realtà quotidiana più truce . Qui si parla di morte, di pena di morte, ma non si vuole riflettere se essa sia una soluzione giusta o sbagliata, pur se e' noto e apertamente dichiarato dallo stesso regista su come egli sia fermamente contrario a questa forma di repressione dei reati anche piu' gravi.
Il regista si concentra in questa sua inchiesta su un terribile omicidio a sangue freddo di cui sono stati accusati e condannati due ragazzi: Michael Perry (a morte)  e Jason Burkett (all'ergastolo), rei di aver ucciso due ragazzi e la madre di uno di questi per il solo incredibile vezzo di rubare una macchina sportiva di cui si erano incapricciati.
E il celebre regista, intervenendo in prima persona con voce fuori campo, li intervista a pochi giorni dalla condanna, ascoltando le loro parole, la loro rivendicazione di innocenza che pare a volte pure convincere noi spettatori allibiti.
Ma subito dopo Herzog si occupa anche di coloro che hanno subito tale perdita violenta e brutale, dei famigliari che sono rimasti nello sgomento di una morte violenta e senza un preciso perché plausibile, sprofondandoli in un abisso senza ritorno.
In fondo per Herzog non conta molto a questo punto chi sia colpevole e chi innocente: a lui interessa sondare gli anfratti piu' bui in cui e' sprofondato l'animo umano: un vuoto di coscienza che riesce a provocare queste brutalità e a distruggere vite innocenti in pochi attimi di follia, riducendo a ricordi impalpabili vite concrete e reali nella mente di tutti i familiari piu' cari delle vittime, che comunque sono tenuti a sopravvivere, volenti o nolenti, a queste tragedie della follia. Per questo il regista tedesco ritiene fondamentale intervistare, forse con una apparente spregiudicatezza, anche i parenti piu' stretti delle vittime, sondare la loro angoscia più profonda per una perdita che non ha un senso compiuto; il senso spiazzante di vuoto che lascia una morte gratuita ed inaspettata, che si contrappone quasi ironicamente alla fine invece perfettamente programmata di uno dei due accusati di omicidio. Come se lo Stato si arrogasse in qualche modo il diritto di applicare una pena da contrappasso a chi ha interrotto improvvisamente un'esistenza (facendo morire dentro anche tutte le persone che erano vicine alle vittime) decidendo con rigore e precisione l'attimo in cui la vita dell'assassino (o presunto tale, visto che lo stesso non smetterà sino alla fine di proclamarsi innocente) giungerà al termine.
Il documentario di Herzog si mantiene sempre lucido e realistico, e spiazza per la cupezza che infonde nell'animo di chi lo affronta; stordisce per la freddezza e la consapevolezza che fa incombere sullo spettatore, certo che quello che sta vedendo è così vero da risultare devastante fino all'irrealtà. Chi può dunque, uscendo dalla visione di questo film raggelante, essere ancora convinto che esistano possibilità di redenzione per una razza controversa come quella umana?

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