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L'autre monde

Regia di Merzak Allouache vedi scheda film

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La recensione su L'autre monde

di OGM
8 stelle

L’Algeria insanguinata. Presa nella morsa di una violenza terroristica che è fondamentalista nella crudeltà, nella volontà di annientamento dell’uomo, nel corpo come nell’anima. Yasmine è il nome di una bambina, trucidata assieme alla sua famiglia, a cui il film è dedicato. Ed è il nome della protagonista di questa storia, una giovane francese, figlia di immigrati algerini, che vede per la prima volta la terra d’origine della sua famiglia, un paese di cui non conosce nulla, a parte le notizie della guerra diffuse dalla televisione e dai giornali; e a parte le tante credenze, i tanti sentito dire, che la inducono ad imbarcarsi sull’aereo indossando uno hijab nero, l’abito tradizionale che le donne di Algeri non indossano più. La sua è una missione d’amore: Rachid, suo cugino, al quale era legata sentimentalmente e con il quale, in Francia, condivideva l’appartamento, si è arruolato volontario nell’esercito algerino. Da qualche giorno, a seguito di un’imboscata tesa dai terroristi al convoglio di cui faceva parte, di lui non si sa più nulla. Yasmine, in questo suo viaggio disperato, sa di dover affrontare il pericolo e il dolore; ma solo una volta giunta sul posto, ed iniziata la sua coraggiosa impresa, si renderà conto di quanto gravi siano le minacce che la circondano. Questo film racconta un’avventura d’amore e di guerra, aspra come la sabbia del deserto e cupa come il fitto della foresta. L’ambiente in cui Yasmine si trova immersa, non appena esce dai confini della capitale, è un mondo primitivo e desolato, in cui l’unica forza esistente è quella proveniente dagli istinti, dalla rabbia, dalla follia. Il sentimento è morto, e con esso la cultura morale, l’autentico senso religioso, il rispetto per la vita. Là fuori si estende un regno animale senza regole, che è solo l’ombra deformata dell’umanità di un tempo. Unico residuo della civiltà è il denaro, con cui si comprano sesso  e informazioni, in un universo mercenario in cui non vi sono più ideali, ma solo desideri di possesso  e distruzione. L’ultima tappa del percorso porta Yasmine ad Aldjia, un’oasi abitata da alcune prostitute e dalla loro tenutaria cieca; un luogo collocato nelle retrovie della realtà, un punto di passaggio senza storia, dove la bellezza, anziché essere curata e coltivata, è data in pasto alla volgarità, e lentamente sfiorisce, fino a scomparire per sempre alla vista. Ovunque si avverte il richiamo del nulla: nei luoghi in cui i guerriglieri rapiscono e uccidono le loro vittime, quelli in cui la gente è in preda al terrore, e quelli in cui si vive inutilmente nell’attesa che le cose cambino. Nelle zone interne dell’Algeria, l’umanità appare dispersa e immobile, ferma per la paura di fare brutti incontri, ma anche e soprattutto perché privata della speranza nel futuro. Addentrarsi in quel paese  significa allontanarsi sempre più dalla vita illuminata dalla ragione, per andare a toccare il fondo del cinismo, dove tutto è possibile perché non v’è legge né coscienza che possa imporre limiti. Quello che accade laggiù rimane nascosto agli echi della cronaca, nessuno se ne accorge, perché essersi persi, essere soli e indifesi, significa già essere invisibili, essere scomparsi prima ancora che qualcuno venga ad eliminarci. Questo è il senso dell’altro mondo in cui Yasmine sprofonda poco a poco, e nel quale il silenzio, ritrovato, insieme all’amore, alla fine del cammino, non è garanzia di libertà e di pace, bensì è la sinistra veste del vuoto assoluto, in cui anche Dio ha smesso di mettere piede.

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