Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
Ricostruzione cinematografica della preparazione del Giulio Cesare interpretato da detenuti di Rebibbia. Non è un documentario ma un film a soggetto nel quale i detenuti interpretano loro stessi nell'atto di provare e interpretare i personaggi della tragedia shakespeariana. Il film è interessante sotto diversi aspetti: conferma l'attualità di un autore morto 400 anni fa, che, complice la giustezza dell'approccio dei Taviani e a monte di Fabio Cavalli, direttore della compagnia teatrale, riesce ancora a insinuarsi nelle pieghe del nostro vissuto (molto opportunamente gli attori recitano nel loro dialetto) ; esalta il ruolo sociale e terapeutico del teatro, dell'espressione artistica, la sua capacità di unire, di gettare ponti anche li dove l'occhio vede solo muri. Fa riflettere, tra l'altro, il talento in alcuni casi davvero notevole di questi uomini arrestati per crimini pesantissimi. Appaiono spesso forzati gli interventi dei Taviani tesi a tracciare paralleli tra il testo e la vita dei detenuti e l'opera è un po'anestetizzata da una ricerca formale pulitina quanto sterile.
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