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Cesare deve morire

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su Cesare deve morire

di emmepi8
10 stelle

 
Riscoprire I Taviani dopo gli ottanta anni è davvero un prodigio, per me che ormai li avevo messi nel cantuccio da qualche tempo e con molto dolore, senza esagerare ve lo assicuro, è stata una vera gioia. Come due giovanissimi che con un entusiasmo calamitante si sono immersi in un progetto che mi ha fatto ricordare da vicino i loro esordi, ma con la maturità di due uomini che di cinema sanno moltissimo. Prendere una tragedia shakespeariana portarla in un carcere, e fin qui la cosa poteva essere anche “normale”, nel senso che ci sono vari progetti nei penitenziari che si affacciano alle vie del teatro, anche con risultati apprezzabili, ma è la concezione del progetto, il suo evolversi, il suo mischiarsi e misurarsi con le realtà presenti, i suoi cromatismi mai fine a sé stessi, esteticamente parlando, le caratterialità, i comportamenti, i dialetti, tutto messo al servizio di un'idea cinematografica ad alto livello, pur nella sua semplicità di realizzazione. Qui non esiste la povertà del mezzo o della produzione, il cinema è entrato nelle vene dell'operazione e da li ha iniziato a circolare in maniera eccezionale, facendo i conti solo con l'idea di realizzazione e di concetto. Già l'inizio con i provini ci porta a rimanere fulminasti dall'idea folle e forte del concetto cinematografico preso in considerazione, a cui si adeguano i detenuti lasciandosi andare e comprendendone il significato artistico, anche inconsapevolmente, con la sola idea di dare i loro dati anagrafici ed interpretarli con due identificazioni espressive differenti, cosa che poi i due registi fanno abitualmente con i loro provini normali. L'alibi del teatro non agibile per intraprendere le prove della tragedia è fondamentale per l'ambientazione, che ci permette di vivere il carcere depositando i germi della storia e contaminandoli con i fattori personali degli interpreti in maniera a dir poco geniale. Le espressività legate ai linguaggi naturali degli attori è messa talmente a fuoco da commuoverci in determinati momenti, e questo lo testimonio non solo con me stesso, ma solo guardandomi intorno nella sala, non gremitissima,ma tutta assorta e presa a tal punto dal film, da rimanere seduti dopo che le luci si sono accese. Vi assicuro che che il pubblico non era omogeneo, voglio dire che non era votato alla oscura cinefilia di culto, che naturalmente ha i suoi pregi, ma anche il difetto di essere distante dalla realtà di un pubblico normale, eppure se il pubblico normale avesse avuto la comunicazione giusta, avrebbe assistito con entusiasmo emozionante alla visione del film. I problemi dei detenuti sono tutti presenti, ma vengono da noi assorbiti senza forzature, ma in maniera naturale e cinematograficamente giusta, anche solo con silenzi e scene ripetute, vedi l'entrata in cella interprete per interprete; il coro dei bisbigli nella notte del carcere nel suo insieme, che fa le veci del coro di una tragedia; i pensieri privati che invadono i detenuti nella solitudine della loro branda guardando il soffitto, che sta come una tela dove si proietta un film privato; la tragedia shakespeariana che non ha nessun segreto per uomini non sapevano prima di allora neanche chi fosse il grande drammaturgo, e così via, fino alla frase finale di un detenuto: “Da quando ho incontrato l'arte, questa cella è diventata una prigione”. Il premio di Berlino è servito a mettere in evidenza il film, ma certamente i nostri media, esclusi alcuni anche se qualificati, non sono stati presenti nel sostegno al film, che meritava in maniera massiccia, vedremo ora che programmazione avrà in Rai, dato che è stato prodotto in parte dall'ente, ma che non ha avuto la sua distribuzione normale ( O1), di cui si è fatta carico il grande e amico Nanni Moretti.

Sulla trama

Un'idea di cinema che entusiama

Sulla colonna sonora

sensibilmente inserita

Su Vittorio Taviani

Grandi, grandisimi, immensi

Su Paolo Taviani

Grandi, grandisimi, immensi

Su Fabio Cavalli

Il regista teatrale vero e proprio che ha anche collaborato con i Taviani

Su Salvatore Striano

Penso che continui il lavoro dell'attore, non a   torto, comunque  un grande applauso a utti i c omponenti

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