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Et Cetera

Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Et Cetera

di FABIO1971
8 stelle

La reiterazione e la progressione meccanica di situazioni e movimenti, l'essenza, quindi, dell'animazione, sono al centro delle sperimentazioni di Jan Švankmajer in questo suo quinto cortometraggio animato, rappresentate sullo schermo da tre simbolici esempi che, una volta completata la dimostrazione, ripropongono nuovamente la medesima sequenza di azioni. Si parte da Ali, strutturato graficamente come illustrazioni di antiche tavole enciclopediche (una delle passioni di Švankmajer), con protagonisti la sagoma di un omino snodabile, due sedie e tre paia di ali di differenti dimensioni: l'omino percorre spazi diversi, volando da una sedia all'altra, a seconda della grandezza delle ali indossate. Poi, completata la dimostrazione, l'esibizione riparte da capo. Segue Frusta, dove un uomo ed un animale (un ibrido tra cane e rettile), ammaestrato a colpi di frusta, finiscono per scambiarsi i ruoli. Nel terzo segmento, Casa, il disegno animato di una sagoma umana, collage multicolore di immagini, si cimenta, con una matita, nell'illustrazione di una casa. Impossibilitato, però, ad entrarvi, cancella il disegno, oltrepassando la barriera e, dall'interno, ridisegna la casa: ora, però, vuole uscire e ripete all'inverso l'identico procedimento. E così via, come annuncia un cartello ("Da capo al fine"), finchè il film riparte dai titoli di testa e la pellicola si brucia...
La libertà, quindi, trasfigurata simbolicamente, per evocarla nell'astrazione allegorica, in uno straniante loop di elementari ed implacabili contraddizioni cinetiche (la volontà di entrare in casa e l'immediata esigenza di uscirne, ad esempio), ulteriormente esasperate da improvvise accelerazioni e contrappuntate suggestivamente dai cacofonici funambolismi elettronici della colonna sonora curata da Zdenek Liška. Il movimento, perciò, come archetipica matrice della tensione umana verso la libertà e che, come aggiunge beffardamente l'autore, finisce, nutrendosi delle incoerenze che regolano i comportamenti, per lasciarsi influenzare dai paradossi (lo scambio di ruoli tra domatore ed animale) e dall'eterna circolarità (quindi dalla futilità) di gesti e situazioni.

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