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La rabbia di Pasolini

Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su La rabbia di Pasolini

di mm40
6 stelle

Per il suo segmento de La rabbia (1963) Pier Paolo Pasolini girò molto più materiale di quello che ci è giunto nel montaggio finale del lavoro; ecco che, quasi mezzo secolo più tardi, Giuseppe Bertolucci mette mano alla parte inedita di quel girato e tenta di ricostruire (“con beneficio del dubbio”, ammette lo stesso Bertolucci) ciò che Pasolini aveva in mente per il suo film.


La storia è nota: nel 1962 Pasolini comincia a lavorare a un progetto documentaristico che racconta la ricostruzione postbellica, dal titolo La rabbia; insoddisfatto del lavoro che si prospetta troppo schierato politicamente a sinistra, il produttore assegna parallelamente un compito simile allo scrittore destroide Giovanni Guareschi. In tale modo La rabbia – così come ci è giunto – si sviluppa come una narrazione a due voci che dovrebbero in qualche modo equilibrarsi tra loro; il pubblico sa però che le cose non andarono esattamente come previsto e, se da un lato Pasolini portò a termine un lavoro compiuto, approfondito e rigoroso, dall'altro Guareschi mise in piedi un baraccone di propaganda allucinata non esattamente edificante, né tantomeno dotato di qualsivoglia attendibilità intellettuale. Giuseppe Bertolucci, dallo stesso punto di vista politico di Pasolini, tenta perciò di ricostruire la versione originale de La rabbia così come intesa dal cineasta friulano, adoperando i materiali inediti girati oltre quarant'anni prima. Aggiungendo a essi quelli già usciti nel 1963, ecco che prende forma questo La rabbia di Pasolini, asciutto ed essenziale fin dal titolo. Includendo anche una coda finale di una decina di minuti di filmati degli anni Sessanta che testimoniano l'accoglienza riservata all'originale La rabbia e più in generale al Pasolini cineasta degli esordi, si arriva a un totale di poco meno di un'ora e venti di durata; va da sé che il valore principale dell'operazione condotta da Bertolucci è quello di avere 'recuperato' e ricostruito con grande cura e devozione una pellicola ormai ritenuta sepolta, una pellicola peraltro dagli argomenti – discutibili, partigiani, soggettivi, a volte fin troppo astratti – senza dubbio interessanti e, sessant'anni fa come ora (2023), urgenti. 6/10.

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