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L'uomo che venne dalla Terra

Regia di Richard Schenkman vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che venne dalla Terra

di pazuzu
8 stelle

In procinto di lasciare il lavoro di insegnante e l'abitazione in cui vive da diec'anni, John Oldman riceve visita da alcuni colleghi che improvvisano una festa d'addio in suo onore: sono l'antropologo Dan, il biologo Harry, l'esperta in scritture cristiane Edith e la storica Sandy, raggiunti prima dall'archeologo Art (accompagnato dalla studentessa Linda), e in seconda battuta dallo psichiatra Will.
Pressato dall'insistenza della compagnia, ansiosa di sapere le ragioni che lo portano ad abbandonare una carriera avviata senza aver nemmeno pronta una destinazione alternativa, l'uomo vince la propria ritrosia ed inizia il racconto della sua incredibile vita partendo da quando nacque, centoquaranta secoli addietro, durante il paleolitico superiore, invecchiando regolarmente fino all'età di circa 35 anni per poi veder arrestare la propria crescita ed arrivare al tempo presente con il medesimo aspetto ed un bagaglio di conoscenza prossimo all'infinito, essendo passato dai babilonesi ai fenici, da Hammurabi a Buddah, da Colombo a Van Gogh, ed avendo superato indenne malattie ed avversità climatiche ed attraversato ogni grado dell'evoluzione civile e dei costumi.
Sacrilegamente bagnata da un Johnny Walker Green Label servito in bicchieri di plastica, e sotterraneamente spronata dal ritrovamento di un reperto preistorico tra i soprammobili del salotto, la discussione è alimentata dalle domande circostanziate e competenti degli sgomenti presenti, cui il professore ribatte fornendo testimonianze ed elargendo ricordi, dando la propria personale lettura della storia intera dell'uomo sulla Terra, del senso del sacro e della religione, in un crescendo di rivelazioni capaci di incrinare le difese di ciascuno, di sorprenderli, spiazzarli e sconvolgerli.
Girato con un budget contenutissimo, in soli otto giorni ed interamente in digitale, e destinato all'uscita diretta in dvd, The Man from Earth si presenta come il caso più unico che raro di film il cui produttore, Eric D. Wilkinson, ha pubblicamente e sentitamente ringraziato (con una mail inviata al blog rlslog.net, che ne aveva recensito positivamente una copia pirata) il sistema (illegale) del file sharing che, tramite la piattaforma torrent, ha permesso all'opera di raggiungere livelli di notorietà considerati largamente fuori portata alla vigilia, proiettandolo addirittura ai primi posti nella (opinabile ma influente) classifica del sito IMDb tra i migliori film di fantascienza di tutti i tempi prima ancora della sua uscita ufficiale (avvenuta nel novembre del 2007). Ma è una fantascienza decisamente anomala quella di The Man from Earth, affatto spettacolare, profondamente intellettuale e debitrice della formula teatrale, se si considera che, non contemplando neanche l'azzardo di un effetto speciale, rispetta il canone aristotelico che richiede unità di tempo luogo ed azione, svolgendosi la stessa interamente in uno chalet e nello spazio antistante ad esso, concentrata in poche ore e totalmente incentrata sul fluire pressoché inarrestabile del dialogo tra un manipolo di individui dalla cultura non comune.
The Man from Earth è un esperimento coraggioso e riuscito, più che un film un racconto corredato da immagini, capace di riconciliare con il gusto antico della narrazione, di aprire la mente e stimolare la discussione. E se la regia di Richard Schenkman (la sua sesta) è semplice e pulita ma priva di guizzi, se le prove del cast (composto per lo più da illustri quasi sconosciuti) sono buone ma non rubano l'occhio, se la fotografia di Afshin Shahidi è sostanzialmente anonima e lo score di Mark Hinton Stewart (che lascia il posto per una manciata di minuti al ben più intenso secondo movimento della Sinfonia No. 7 di Beethoven) fondamentalmente ornamentale, è alla scrittura equilibrata e ricca di suggestioni di Jerome Bixby (autore tra gli altri di quattro episodi per le prime stagioni della serie tv Star Trek) che va il riconoscimento maggiore per il successo (seppur di nicchia) tanto insperato quanto meritato di un'opera che, concepita nei primi anni '60, costruita un tassello per volta, e completata sul letto di morte nel 1998, rappresenta per lui una sorta di testamento spirituale, in grado di presentare ipotesi alternative a teorie tramandate nei secoli e divenute Verità (di comodo), e di elevare il Dubbio a sistema contro ogni imposizione dogmatica ed ogni disonesto tentativo di addomesticare la ragione e l'intelligenza.

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