Regia di Massimo Coppola vedi scheda film
Coppola da prova di grandi capacità registiche, inquadrature sofisticate, ricercate, al limite del “radical chic”, se vogliamo, ma mai stucchevole e sempre avvolgente. Chi vede in questo film un “Dardenne venuto male” non fa molto onore al nostro regista: la scuola è senz’altro quella, ma, oltre a non essere venuto affatto male, Coppola mette molto di suo e difficilmente quest’opera può essere confusa con una dei fratelli belgi (lingua a parte). Le due solitudini che si rimbalzano (quelle delle due ragazze, brave Alexandra Pirici e Erica Fontana), in/scontrandosi in quell’istante millimetrico come due palle di un biliardo che necessitano l’una dell’altra per ricercare due direzioni estranee e solo aleatorialmente complementari, è la spina dorsale della sceneggiatura, povera ma bella, impreziosita da almeno due o tre sequenze degne di rilievo: la morte della nonna di Anna, una scena impressionante con Tiziano Ferro struggente in sottofondo, il bel finale dove le due solitudini misticamente convergono sulla paura del buio che dà il titolo al film, ma soprattutto il lungo dialogo/sfogo liberatorio di Eva con sua madre, dove il personaggio di Eva, che fino a quell’istante era rimasta la “bambolina rumena” un po’ stereotipata tipica dalla visione italiana, si mette a nudo, si trasforma finanche fisicamente con il volto che prende tutta un’altra luce, trasfigurata dall’esplosione che sedimentava in lei da anni, un’eruzione controllata di rabbia spiegata da un dialogo altamente lirico e drammatico, e interpretato magnificamente dalla non-attrice rumena. Forse non è un film che aggiunge o toglie niente al panorama cinematografico, ma è una buona, interessante prova d’autore. Per palati fini.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta