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Stereo

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Stereo

di DeathCross
7 stelle

Sperimentale ed estremamente complicato esordio di Cronenberg nel Lungometraggio. 
La limitazione estrema dell'assenza di suoni (che allontanerà inevitabilmente il pubblico più interessato all'intrattenimento) viene riscattato grazie ad una trovata che per certi versi anticipa la tecnica dei mockumentary: voci fuori campo descrivono, quasi senza espressività, commentano le azioni mostrate sullo schermo attraverso l'uso di un linguaggio para-scientifico per certi versi irritante, mentre i soggetti ripresi, le cavie umane 'telepatiche' sembrano prendersi gioco dei ricercatori, mai mostrati, con azioni assurde e/o esplicitamente sessuali, ma progredendo l'esperimento i rapporti interpersonali assumono via via caratteri sempre più nevrotici, violenti ed autodistruttivi, oltre a lasciar trasparire un senso profondo e sconcertante di noia, che poi è la noia esistenziale che affligge la nostra società. 
La psichiatria, convinta di poter trovare attraverso esperimenti risposte ai misteri insoluti del comportamento sociale ed individuale umano, concepisce l'umanità e, più in generale, la Vita come una mera cavia, un soggetto da analizzare, violandone l'intimità mentale e sessuale per poter creare, rievocando in modo a dir poco inquietante il Delirio nazista, l'Essere Superiore. Invece dell'evoluzione, però, ciò che si ottiene è un'involuzione: le 'cavie' perdono l'uso del Linguaggio, il gusto per l'Eros (in una scena si mostra come l'"onnisessualità" telepatica può provocare piacere erotico senza bisogno di contatto fisico), e alla fine la risposta è, come si diceva prima, una nevrosi violenta e autolesionista, che sfocia nelle botte e nel (duplice) suicidio. 
La dissacrazione mentale dell'Individuo parte dal Corpo, che però non è ancora 'spogliato' col gusto Horror che renderà celebre l'Autore canadese, ma si configura nella nudità dei corpi 'reali' tipica della seconda fase stilistica di Cronenberg, evidenziando la sostanziale continuità dell'evoluzione stilistica di D.C., mettendo a nudo (!) la banalità delle accuse di 'tradimento' della propria Personalità Artistica. L'abbandono apparente del cosiddetto 'body horror' (definizione mal sopportata da Cronenberg stesso) non costituisce un vile tradimento in nome di una pomposa ricerca di realismo, ma bensì rappresenta l'inevitabile evoluzione del suo discorso sul rapporto tra Mente e Corpo. 
Chiusa la parentesi sull'evoluzione Cronenberg, torniamo al film in questione. Se, da un lato, la sua cripticità (e il b/n) lo rende facilmente accostabile all'Esordio di un altro Grande Regista Psicologico e Sperimentale, ovvero all'"Eraserhead" dell'omonimo (solo nel nome) Lynch, l'opera cronenberghiana non riesce a convincere pienamente il sottoscritto. Se in "Eraserhead" si avverte una coerenza stilistica e concettuale nell'apparente confusione della trama (secondaria nella riuscita di un Buon Film) e nella incomprensibilità del 'senso', nell'opera di Cronenberg sembra di trovarsi di fronte ad un Discorso ancora poco chiaro nelle intenzioni e nella 'meta', e le varie sperimentazioni stilistiche a volte paiono fini a sé stesse. Entrambi i David non pretendono di dare risposte, ma Lynch dimostra di essere ad uno stadio più maturo nella sua Ricerca, mentre Cronenberg è ancora acerbo. 
Resta però un Tassello Fondamentale per la comprensione dello Stile e del Pensiero del Grande Regista canadese, che contiene già in sé i 'germi' dei suoi Capolavori futuri, come "Videodrome", "The Naked Lunch" o il recentissimo "Maps to the Stars".

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