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Il maestro di Vigevano

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su Il maestro di Vigevano

di logos
7 stelle

Il film riprende il romanzo omonimo di Mastronardi  ed entrambi producono il loro scalpore, se non altro per come viene trattata la categoria dei maestri, che non esercitano più per vocazione ma per carpire aumenti salariali con l’invidia nei confronti  della categoria imprenditoriale e in parte anche di quella operaia. 

Il maestro non è altro che un piccolo-borghese, che obbedisce ciecamente al preside e insegna ai fanciulli sempre allo stesso modo, con la preoccupazione di avere come discenti i figli di quelli che contano, gli imprenditori, per conseguire eventuali benefici, così che una mano lava l’altra.

 

Il tutto si svolge a Vigevano, negli anni del boom, in cui a farla da padrone sono le scarpe e gli imprenditori che le fanno produrre dagli operai. Perciò un uomo a Vigevano si misura per le scarpe che indossa, che può e che deve meritarsi.  Anche il nostro protagonista maestro (interpretato da un Sordi magistrale) non fa eccezione.  Anche lui ha le sue scarpe. Ma in lui qualcosa fa eccezione: non ha ambizioni imprenditoriali, non è come gli altri suoi colleghi un po’ meschini, invidiosi di altre categorie professionali; no, lui è un maestro tutto d’un pezzo e fa della sua professione una vera e propria vocazione.

 

Peccato che tutti lo ostacolano. Il preside con la sua supponenza di introdurre nella scuola un attivismo da strapazzo, la moglie che continuamente lo costringe a fare i conti con il misero reddito e con una professione in decadenza, rispetto agli imprenditori e persino agli operai. Il maestro di Vigevano trova conforto solo con un suo collega non di ruolo, che alla benemerita età di 45 anni tenta ancora di ottenere l’abilitazione nonostante sia già stato bocciato agli esami.  Belle le scene in cui i due si confrontano sull’odiato D’Annunzio per la sua retorica, sui loro sogni, gli uni (quelli di Sordi) spirituali, gli altri (quelli del collega) più fisici e carnali.

 

Per gran parte del film i rapporti del maestro con la scuola, i colleghi, la moglie e gli imprenditori rendono bene la realtà complessa e sfaccettata di quegli anni, in cui l’economia privata si faceva avanti sempre più ferocemente sminuendo  la funzione del lavoro pubblico, specialmente quello del maestro. In questo senso il film anticipa, la scuola diventando sempre più un’alternanza al lavoro se non addirittura un ostacolo da limare e rilimare a scapito di allievi e docenti.

 

Peccato che poi verso la fine il film finisce per girare a vuoto,  concentrando tutte le attenzione per la gelosia nei confronti della moglie Ada, lasciando solo intuire le tragedie che si innescano nel romanzo.

 

Resta comunque un bel film, forse sottovalutato. Negli anni in cui fu prodotto ricevette una  vera  e propria protesta dai maestri e dalla scuola in genere. Allora non si poteva sapere che la scuola, invece di essere protetta con retorica, doveva già premunirsi di scendere in piazza contro il Ministero, cosa che poi avverrà ma con ritardi e scarso effetto.

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