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La bohème

Regia di Robert Dornhelm vedi scheda film

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La recensione su La bohème

di FilmTv Rivista
6 stelle

Nuvole che corrono veloci, artisti squattrinati e i tetti di Parigi. Il regista Robert Dornhelm - nato in Romania, ma d’adozione austriaca - non è Baz Luhrmann, ma negli ultimi tempi quando si pensa all’opera lirica al cinema è difficile sfuggire a paragoni. Prende alla lettera La Bohème di Puccini, come il regista di Romeo+Giulietta fece con Shakespeare, sceglie un magma di colori e un montaggio che rimandano al film più celebre dell’australiano, Moulin Rouge! (qualcosa che ricorda anche l’ultimo Tim Burton). L’intento è pressocché lo stesso: strappare l’opera dalle mani di un pubblico d’élite, imporla presso le grandi platee, attuare uno strategico rilancio della cultura. Sono oltre una diecina, tra muti e sonori, i film ispirati al romanzo di Henri Murger, che nel 1896 fu messo in musica da Puccini su libretto di Illica e Giacosa. Operazione non nuova, sempre apprezzabile. Lontana però dalla visionarietà del Flauto magico di Kenneth Branagh, altra opera, medesimi intenti. Meno bohèmien di Vita da Bohème di Aki Kaurismäki. Un omaggio a centocinquant’anni dalla nascita di Giacomo Puccini, più vicino alle fedeli messe in scena di Zeffirelli e Gallone che alle autoriali composizioni di Bergman e Losey. Basti pensare alla scelta di utilizzare due dei cantanti d’opera più famosi del momento: il tenore messicano Rolando Villazón e la soprano russa Anna Netrebko. Sono loro Rodolfo e Mimì, il poeta innamorato e la bella e tragica malata di tubercolosi. Dentro i quattro quadri del melodramma hanno fascino e alchimia da vendere, nonostante una recitazione misurata a prova di cinematografo. Il passaggio dalla scena al set non dev’essere stato semplice. Dornhelm (vent’anni fa regista-prodigio di Hollywood con Echo Park, presto dimenticato e passato alla Tv) calibra l’esuberanza dei gesti e l’enfasi delle espressioni, sovrappone linguaggi diversi e, seppure scarsamente inventivo, merita tutto il nostro rispetto. È cinema che attua una politica di diffusione culturale, primato che la televisione ha perso da tempo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 15 del 2009

Autore: Cristina Borsatti

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