Regia di Claudia Llosa vedi scheda film
Vincitore dell’Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino, Il canto di Paloma possiede squarci di realismo magico che caratterizzano lo sguardo della peruviana Claudia Llosa, regista al secondo lungometraggio dopo Madeinusa (2006). Entrambe queste pellicole sono accomunate dalle presenza come protagonista di Magaly Solier, cantante popolarissima nel suo Paese. Appena nata Fausta, una ragazza ventenne, ha contratto una malattia nota come “il latte del dolore”; è stata infatti allattata negli anni 80 quando le violenze e gli stupri erano all’ordine del giorno e anche sua madre ne era stata vittima. Da una parte quindi Il canto di Paloma è un film di denuncia sull’oscuro recente passato del Perù. Dall’altra è intriso di simbolismi (la patata nella vagina, i piccioni che volano, il sangue nel naso) e mette sicuramente in luce il talento visionario della cineasta evidente, per esempio, nelle immagini delle feste popolari o nei primi piani sul volto di Fausta, segnato dal dolore e che sembra sempre camminare con la paura addosso. Proprio per la sua densità visiva però, la pellicola appare trattenuta, forse eccessivamente carica di dettagli che rischiano di attenuarne il respiro politico.
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