Regia di Claudia Llosa vedi scheda film
Dove non arriva l'ondivaga e sovraccarica sceneggiatura, arrivano le invenzioni registiche (al limite del formalismo) e soprattutto l'interpretazione memorabile della cantante/attrice Magaly Solier, spaurita ed enigmatica "figlia del dolore" contesa fra superstizione ancestrale e anelito alla liberazione. Bisogna essere peruviani per capire a fondo questa pellicola, così intrisa di metafore ora trasparenti ora criptiche, in ogni caso sempre esposte con leggerezza e genuinità. Film sulla genitalità femminile, sulle suggestioni della botanica, sul rapporto di contiguità fra i riti della vita (matrimoni) e quelli della morte (funerali), sul fantasma di un passato di violenze pubbliche e private, sullo sfruttamento culturale dei coloni nei confronti dei nativi (l'aria quechua "scippata" dalla concertista bianca): tanta carne al fuoco, insomma, in un film non sempre limpido, ma decisamente insolito, poetico e stimolante.
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