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Mar Nero

Regia di Federico Bondi vedi scheda film

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La recensione su Mar Nero

di FilmTv Rivista
8 stelle

Si può parlare di tutto, anche dell’Italia e dei suoi problemi, come per esempio la difficile integrazione causata da un’emigrazione praticamente fuori controllo e/ma inevitabile (quando sentiremo confessare a qualche politico che l’Occidente è ricco perché per decenni ha consumato quote d’energia sproporzionate al numero dei suoi abitanti a danno di altri paesi e continenti?), sussurrando un paio di verità dall’interno di una casa dove un’anziana donna fiorentina (una splendida Ilaria Occhini, giustamente premiata a Locarno) accoglie una badante rumena giovane e piena di speranze. Il film è tutto qui, ma è ricco di sfumature e spigolature, di ritagli e angoli, di sguardi obliqui e tensioni, di meraviglie e sorprese, di occhi dentro agli occhi pur in assenza di una storia d’amore. È, invece, una storia di emancipazione, a partire da se stessi, perché, si sa, non si finisce mai di imparare e di stare al mondo. Gemma è vecchia, e malconcia, e borbotta, e rimprovera sempre figlio e nuora che i loro baci e i loro abbracci non sono rumorosi come quelli che Angela (nomen omen) è abituata a lanciare al suo uomo via telefono. La rassegnata Italia dei pensionati dilapidata davanti a una televisione di quiz e telegiornali si sforza di reagire. Mentre i neoaccolti nel salotto buono dell’Europa arroccata nella sua fortunata moneta, ha fame di vita, di gioie e di emozioni; ha voglia di uscire dalla tristezza cupa di modelli falliti, di prigioni ideologiche, di brutali scorciatoie della Storia. La presa di coscienza di Gemma diventa monito personale e sociale. E la dolcezza, il rispetto, il bene di Angela sono virus da cui è bello farsi contagiare. Per capire gli altri, ci dice questo esordio di notevole fattura e spessore, bisogna uscire: perché - come cantava quello - c’è solo la strada. A una Occhini da Donatello (è l’anno delle grandi attrici di teatro adottate dal cinema) risponde una coriacea e sensibile Dorotheea Petre, già vincitrice a Cannes nel 2006 grazie a un film di Catalin Mitulescu. Qualche sbavatura in sceneggiatura e piccoli nei nello stereotipo dell’extracomunitario non rovinano un’opera importante, densa, che commuove senza lacrime, nell’anima, che cammina dentro inesorabile dopo che l’hai vista. E, zitta zitta, ti regala cinema e solidarietà.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 4 del 2009

Autore: Aldo Fittante

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