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Hell Ride

Regia di Larry Bishop vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Hell Ride

di Marcello del Campo
4 stelle

  

Questa non è un’opinione, è un avvertimento.

Ho cercato nella mia memoria un film che fosse alla bassezza di Hell Ride: l’ho trovato, Straight to Hell.

L’inferno li unisce.

C’è qualche differenza tra ‘cavalcare’ verso l’inferno o ‘essere mandati diritti’ all’inferno?

C’è una bella differenza, riguarda il mezzo di trasporto: nel primo caso le famigerate moto marca Harley Davidson e derivati, nel secondo il cavallo. Entrambi i film si fregiano di qualche raccomandazione: il primo è prodotto dall’infaticabile Quentin Tarantino, il secondo porta la firma di Alex Cox, altrimenti noto come regista di Repo Men e Syd & Nancy. Quanto a ispirazione, il primo non ne ha nessuna né ha alcuna aspirazione, se non divertirsi tra amici, l’altro aspira a entrare nel novero dei cloni-pulp-fiction.

Infine, la responsabilità di Straight to Hell cade sulla testa di Alex Cox ma non ne compromette la carriera vagheggina, al contrario di Hell Ride che cade sulla capoccia di Tarantino, qui anche produttore esecutivo (cioè ha messo le mani nel pastone). Del resto, da uno come lui bisogna attendersi il buono (Robert Rodriguez, Roger Avary, Woo-ping Yuen), il meno buono (Eli Roth) e il brutto (Larry Bishop, attore ultrasessantenne di continua gavetta, qui alla sua seconda ‘regia’ – diciamo così).

Per il suo divertissement stra-cult, Alex Cox chiamò Courtney Love, Joe Strummer, Shane MacGowan, Elvis Costello, Dennis Hopper, Grace Jones e Jim Jarmusch, tutti insieme appassionatamente fecero il giro dell’Andalusia, posarono le chiappe ad Almeria, partorirono un western-spaghetti-punk, pieno di belle canzoni Clash, Hole, Pogues e il film ebbe un successo underground limitato dall’assenza dell’ultratrash Pia Zadora che ventitré anni fa pascolava il suo metro e cinquanta canterino in film di accertata loffiezza.

Larry Bishop arriva dal nulla, spinto dall’insania intermittente di Quentin, per ritornare al nulla.

Hell Ride è la caricatura di Grindhouse, la caricatura di una caricatura.

Tema: la vendetta per una strage avvenuta 1976.

 

Alcuni scalcinati cavalieri dell’apocalisse, tutti a cavallo di moto, armati di balestre, revolver e bazooka, muovono verso zone impervie, route e deserti, - occhi rossi, denti digrignanti, - alla ricerca del nemico. Spesso si fermano in posti malfamati, puttanai con troione incorporate, tra una bestemmia multipla, doppi sensi di avanspettacolo, toccamenti di pudenda (“Scopami, Pistolero, scopami, la mia fica brucia”, “Ti si è rizzata l’antenna, eh!”, “Sento il tuo timone duro”), ci sono sparatorie, incendi di luoghi e corpi, pallottole che lasciano varchi grandi come case, amputazioni, torture.

Con film di questo genere, il confine tra il porno e il soft è sottile – la volgarità è insopportabile quando non si ha il coraggio di oltrepassare la frontiera del weird disonesto, perché l’esibizione di belle fiche glamour nel pieno di un film di genere o di de-genere, è esercizio di puritanesimo dal quale Tarantino non si è mai spostato, tenendosi le mani alla patta nella ossessiva liturgia del feticismo del piede.  E di piedi nudi è pieno Hell Ride - da farci un trattato.

Infine, - quando per dirigere un film in cui dominano il sesso e la violenza senza un briciolo di ironia, si reclutano sagome al tramonto, come Michael Madsen, Vinnie Jones, lo stesso Larry Bishop, antipatico improbabile sciupafemmine, tutti in debito di ossigeno, e un parco-femmine velinare, - il risultato è deprimente.

Più che deprimente è vedere David Carradine con la morte negli occhi e Dennis Hopper - con i denti finti sul volto devastato dal cancro - ripetere tristemente la cavalcata di Easy Rider.

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