Regia di George Stevens vedi scheda film
Nell’India di metà ’800 i Thugs si sollevano contro gli inglesi. Il soggetto è ispirato a un poema di Kipling (che compare nelle ultime scene come personaggio), il che è garanzia di una morale neocolonialista, appena scalfita dal dignitoso discorso di strategia militare da parte del capo ribelle. Invece le guasconate dei tre protagonisti fanno pensare piuttosto a Bud Spencer: sembra che sconfiggere i nemici sia solo una diversione rispetto al vero obiettivo, cioè impedire che uno di loro si congedi dall’esercito per sposare Joan Fontaine e diventare un commerciante di tè (ma la loro misoginia un Hawks o un Ford avrebbero saputo raccontarla meglio di Stevens). L’onore del nome nel titolo va comunque a un comprimario, l’umile portatore d’acqua che sogna di fare il soldato e ha un ruolo decisivo nella scena chiave (impossibile non pensare alla parodia che ne fa Peter Sellers all’inizio di Hollywood party): le onoranze funebri che riceve dopo la morte suonano come un contentino veramente misero.
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