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Accadde in aprile

Regia di Raoul Peck vedi scheda film

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La recensione su Accadde in aprile

di ilcausticocinefilo
7 stelle

 

 

 

A breve distanza da Hotel Rwanda, ecco un altro film che si propone di portare alla luce degli schermi uno dei più terribili genocidi del Novecento.

Questo di Peck è forse – sottolineo, forse – meno riuscito (in quanto vagamente più lento e “ingessato”), ma rende comunque presente la vicenda, delinea tutto l’orrore di vicini, conoscenti, compagni che d’un tratto si misero ad eliminarne in massa altridisumanizzati al punto di venir definiti scarafaggi – coi metodi più brutali e barbarici (come l’andare casa per casa stuprando, fucilando e ammazzando a colpi di machete).

 

Sometimes in April condivide con l’opera di George il merito di non scadere pressoché mai nel sensazionalismo pur costituendo un ennesimo pugno nello stomaco (e andando un poco oltre nella rappresentazione della violenza).

Si propone di evidenziare le colpe dei diffusori d’odio, ideologhi e demagoghi (sovente organici alle strutture dello Stato e all’esercito), centrali nel precipitare gli eventi.

E in parte affronta lo spinoso tema del dopo: per il tramite delle tribolazioni del protagonista e dei “processi popolari a cielo aperto”, detti “gacaca (“Io sono… una sopravvissuta”). Segnali di una società in via di rimarginazione? Si rimane col dubbio che da certi fatti non si possa mai davvero riprendersi e che gli odii siano sempre pronti a rinfiammarsi.

 

 

Idris Elba

Accadde in aprile (2005): Idris Elba

 

 

Difatti, il film sorvola sulla fitta sequela di disastri seguita al 1994: l'assalto ai campi profughi nell’allora Zaire (dove spesso si celavano i genocidaires, che da lì lanciavano attacchi di ritorno in Ruanda) da parte dell’esercito ruandese ricostituito dal Fronte patriottico di Kagame; le due guerre del Congo (*). Una lunga scia di sangue che ha lasciato, sul terreno, una situazione in perenne ebollizione, complici le enormi ricchezze naturali.

 

Per comprendere anche questi scampoli successivi (nonché le ancora presenti tensioni etniche in Ruanda e pure in Burundi), giova richiamare alla memoria – per sommi capi, ma non troppo – il contesto storico entro il quale la criminale operazione genocidaria poté esser concepita e attuata.

Vengono in soccorso, in parte, le didascalie iniziali del film stesso. Il Ruanda, scopriamo, è abitato da tempo immemore da tre diversi gruppi: i Twa, i Tutsi e gli Hutu. Molte ricerche storico-archeologiche hanno cercato di identificare le origini degli ultime due, e alcune hanno ipotizzato che la distinzione, ove presente, si sia generata nel tempo su basi socio-economiche più che razziali. Ad ogni modo, la demarcazione non era nettissima: i due gruppi condividevano lingua e costumi, cultura e nomi. Certo, il testo sovra-impresso ad inizio film esagera: prima dell’avvento degli europei, Hutu e Tutsi non vivevano in beata armonia in una sorta di paradiso sulla terra.

 

Gli Hutu erano spesso discriminati, facevano per la loro quasi totalità parte dello strato più basso di una società altamente gerarchizzata con a capo un regnante Tutsi. In sintesi, per quanto le rivalità fossero anche interne ai due gruppi, non v’è dubbio che in nuce covasse un certo potenziale di conflittualità. E tuttavia non bisogna cadere nel tranello di ingigantirlo: è difficile parlare di un atavico, irrecuperabile odio tribale (o addirittura “razziale”).

Con l’avvento del colonialismo, le cose cambiarono. I tedeschi governarono per il tramite della monarchia locale, e già favorirono i Tutsi in virtù specialmente della loro supposta “superiorità razziale”.

Ma furono i belgi ad instaurare un regime coloniale diretto, portando ad un’incrinatura quasi irrimediabile. I colonizzatori, infatti, in ossequio alle ossessioni razziste dell’epoca, introdussero un sistema di carte d’identità in cui veniva esplicitamente indicata la “razza”, imprimendo dunque per la prima volta nero su bianco l’idea di una rigida, insormontabile, separazione razziale tra Tutsi e Hutu.

 

 

Idris Elba, Oris Erhuero

Accadde in aprile (2005): Idris Elba, Oris Erhuero

 

 

A seguito della Seconda guerra mondiale, andò sviluppandosi un movimento di emancipazione Hutu. E, nel 1957, un gruppo di intellettuali Hutu produsse il “Manifesto Bahutu”: prima istanza nella quale persino i colonizzati presero per buone le teorie dei colonizzatori, “certificando” Tutsi e Hutu come due razze separate.

Inevitabilmente, scoppiò la rivoluzione, con massacri da ambo le parti. Il re venne deposto e il Ruanda divenne una repubblica indipendente nel 1962. Più di 300.000 Tutsi fuggirono nei paesi vicini, al riparo dalle purghe Hutu, e presero da subito ad organizzarsi militarmente al fine di un ritorno in patria. Questi tentativi riuscirono fallimentari e si registrano almeno una decina di migliaia di ulteriori assassinii di Tutsi da parte del governo ruandese a maggioranza Hutu.

 

A presiedere per il successivo decennio un regime autocratico assimilabile alla precedente monarchia feudale fu Grégoire Kayibanda. Costui fu destituito nel 1973 a seguito di un colpo di stato guidato da Juvénal Habyarimana. Le persecuzioni anti-Tutsi si allentarono, epperò rimanevano moltissimi estremisti Hutu, compresi i più stretti famigliari e collaboratori del presidente golpista (parte della cosiddetta “akazu”, “casetta”, un’organizzazione che contribuirà fortemente allo spargimento di velenoso odio razziale negli anni ‘90).

 

 

Idris Elba

Accadde in aprile (2005): Idris Elba

 

 

Negli anni ‘80 si formò il Fronte patriottico ruandese (FPR), che prese ad agitarsi per un ritorno in patria. Le ostilità, da lungo tempo nell’orizzonte del possibile, infine scoppiarono a fine 1990 quando il FPR invase la regione settentrionale del Ruanda. Ebbe inizio la guerra civile, che indubbiamente contribuì a una ri-brutalizzazione della società e si protrasse sino agli accordi di Arusha del 1993, i quali prevedevano la formazione di un governo di transizione che includesse l’FPR e i cinque partiti politici ruandesi, in vista di un ritorno alla convivenza pacifica (con tanto di rimpatrio dei profughi) e dell’unificazione tra l’esercito ruandese e l’esercito ribelle.

 

Una prospettiva intollerabile in particolare per gli estremisti che si rifacevano alla violenta ideologia razzista “Hutu Power”. Tali estremisti sfruttarono malignamente i timori della popolazione Hutu (rinforzati peraltro dall’assassinio del primo presidente Hutu del Burundi, Melchior Ndadaye, ad opera di estremisti Tutsi) e i Tutsi ruandesi finirono per esser guardati ancora una volta con sospetto.

In questo contesto, le frange fanatiche all’interno dei vari partiti politici e dell’esercito si diedero alla pianificazione del genocidio.

La miccia scoppiò il 6 aprile 1994, quando l’aereo sul quale viaggiava il presidente Habyamirana venne abbattuto. Si ebbe gioco facile ad incolpare i Tutsi del FPR, fu istituito un comitato di crisi con a capo il col. Bagosora, che diede il là alle uccisioni: nel giro di poche ore, iniziò la carneficina. Nei successivi tre mesi, stando alle stime più recenti, tra le 500.000 e le 800.000 persone furono trucidate senza pietà.

 

 

scena

Accadde in aprile (2005): scena

 

 

Una tragedia immane, che definire “ardua da rappresentare” par un eufemismo. Ad ogni buon conto, il film di Peck riesce abbastanza bene nell’impresa, sottolinea, come detto, le varie responsabilità, anche esterne: mostra per esteso, ad esempio, una conferenza nella quale l’amministrazione Clinton tentò di far passare l’insulsa distinzione tra “atti di genocidio” e “genocidio”.

Specialmente lancinante la vicenda della moglie del protagonista Augustin, Jeanne. Ma indimenticabile anche quella con al centro la figlia e la futura compagna. Per non parlare poi delle tesissime sequenze ai due posti di blocco coinvolgenti la famiglia accompagnata dallo zio Honoré, e i due amici – Augustin e Xavier.

Insomma, Sometimes in April è un’opera assolutamente degna, capace di costruire una manciata di momenti da pelle d’oca e di inquietare nel profondo. Da vedere, ça va sans dire, in tandem col pluri-citato Hotel Rwanda.

 

 

(*) Circa l’insieme di questi fatti: G. Prunier, Africa’s World War: Congo, The Rwandan Genocide, and the Making of a Continental Catastrophe, New York, Oxford University Press, 2009. 

 

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