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Les amants réguliers

Regia di Philippe Garrel vedi scheda film

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La recensione su Les amants réguliers

di FilmTv Rivista
8 stelle

È chiaro, un film come Les amants réguliers può infastidire per principio. il binomio “maggio francese”-“bianco e nero” rischia di respingere. Che ci sarà ancora da dire su un mito contemporaneo come quello del ‘68 parigino, già mummificato dalla retorica di chi c’era o di chi persevera nel credere che solo quegli anni furono formidabili? Il fastidio è comprensibile. A maggior ragione se a rievocare quei momenti è un cineasta maudit, legato ancora a un’immagine di artista puro, lontano dai compromessi del mercato, così romantico nella sua definizione da apparire “impossibile”. Dove starà il trucco? In un’epoca che ha perso l’innocenza, insomma, Les amants réguliers è un alieno, più che di un altro mondo di un altro tempo. E forse questo paradosso lo rende, oltre che imprescindibile, attualissimo. Quello di Philippe Garrel è il solo modo possibile per raccontare l’utopia, già di per sé tema infido e rischiosissimo. Il solo paragone possibile con The Dreamers di Bertolucci - descrizione, quella sì, di un maggio francese "mainstream” - sta nella scelta dell’esperienza come chiave di lettura della storia. L’errore di Bernardo, però, è la nostalgia per l’eta acerba e per l’avventura di quegli anni; sentimento, si sarebbe detto in epoca meno impura, “piccoloborghese”. Garrel vola centomila volte più alto, sopra i tetti di Parigi, identificandosi con un figlio che indossa i suoi stessi vestiti di allora; facendosi sì inseguire dalla polizia e dai manganelli della Storia, ma non lasciandosi raggiungere. Si nasconde, invece. E il rifugio, la casa dell’amico mecenate, è il luogo che quell’utopia rende possibile. Non parliamo di “rivoluzione”: non erano la politica della contingenza e i massimi sistemi dell’ideologia il senso di quei giorni. Ma l’illusione che attraverso la bellezza e la sua trasposizione nel reale, vale a dire l’arte, si potesse sovvertire il mondo. Il giovane Garrel, protagonista, e il più che maturo Garrel, narratore, si struggono nella convinzione che le note dei Kinks o di Nico, i versi di una poesia, i tratti anche maldestri di un dipinto o le forme plastiche di una scultura siano le difese naturali di un amore. Che può essere folle e dolce: un’isola possibile. Poi, siccome dopo quel maggio mitico è andata come è andata, basta poco perché l’utopia si sgretoli. Un tradimento, una partenza. L’impossibilità di fare senza (l’amore, o la bellezza) può uccidere, costringere a una stentata sopravvivenza oppure alla sublimazione. Garrel jr. sceglie la prima strada. Garrel sr. ha per lungo tempo battuto la seconda e adesso, con questo film meraviglioso, dimostra anche dolorosamente che non c’è alternativa alla terza.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 40 del 2005

Autore: Mauro Gervasini

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