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Les amants réguliers

Regia di Philippe Garrel vedi scheda film

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La recensione su Les amants réguliers

di scapigliato
8 stelle

Bello, ma tosto. Se non fosse per i dialoghi e il sonoro sarebbe un bel muto, con quella musica non proprio diegetica che, messa lì, così, in bilico tra lo schermo e il pubblico, ti aliena. Come ti aliena la pellicola tutta. Grazie ad una fotografia straordinaria, giustamente premiata a Venezia, e complici un bianco e nero seduttivo, la set decoration, i costumi, e i volti, ti sembra di trovarti davanti ad uno struggente film d’epoca.
Il bianco e nero ti allontana dalla storia perché te la fa sembrare lontana, distate nel tempo e nello spazio. Mentre lo stile prosaico, la registrazione pura della quotidianità, ti avvicina alla storia, affiancandoti ai bellissimi primi piani degli attori. Non importa se Luis Garrell sembra uscito da un catalogo Calvin Klein, l’importante è che abbia negli occhi la passione giusta per questo ruolo, la stessa passione che ha avuto il padre nel girarlo. Con la moderna estetica da videoclip molto spesso non si riescono ad apprezzare i sentimenti e le emozioni, anche le più sottili e impercettibili, cosa che invece Garrell padre è riuscito a fare proprio grazie ad un linguaggio diverso che ha le sue radici nella Nouvelle Vague, nel nostro neoralismo, e credo anche nel realismo francese per l’uso seduttivo delle ombre e dei tagli di luce.
Il rapporto tra i due amanti, fin troppo regolari, è poco entusiasmante seppur profondo e sentito, soprattutto dal personaggio di François/Garrell. Ciò che emerge meglio nel film, e ne è la sua felicità, è il fascino per la vita tutta: che sia quella di due amanti, quella di poeti o artisti scapigliati, quella di attivisti politici (la peggiore), quella di semplici giovani che forse solo in sogno o comunque solo in una dimensione onirica trovano pace e poesia. Anche il sonno dei giusti.

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