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La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler

Regia di Oliver Hirschbiegel vedi scheda film

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Dario1966

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La recensione su La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler

di Dario1966
8 stelle

Una rigorosa ricostruzione della caduta di Berlino, dalla prospettiva della giovane segretaria di Hitler e degli altri ospiti del bunker. Un quadro realistico della corte che circondava il grande capo, non marionette, ma uomini e donne assurdi, ciechi, folli, impersonati da uno splendido cast.

Una rigorosa ricostruzione storica della caduta di Berlino, vista quasi del tutto dalla prospettiva degli ospiti del bunker, in particolare della giovane Traudl Junge, la più fidata segretaria di Hitler. Almeno sulla serietà dell’operazione credo non possano esserci dubbi, i fatti esposti sono ben documentati, nel libro di memorie della Junge e in opere di accademici. L’intenzione degli autori mi sembra proprio quella di proporre un’asciutta cronaca di quei giorni, senza timore di esporsi all’accusa di aver proposto personaggi ridicoli o grotteschi. Quegli sciagurati che hanno seguito Hitler fino al suo ultimo respiro, o addirittura dopo, sono davvero così, non hanno nulla di eroico (qualche esimio recensore dissentirà, d’altra parte il bello della democrazia è che dà diritto di parola pure ai topi di fogna, mentre loro manderebbero alla forca un premio Nobel). Tutti noi che abbiamo una certa età siamo cresciuti con i film di guerra, conosciamo il nazismo soprattutto grazie a quelli, eppure fatico a ricordare un film capace di dare volto con tanto realismo alla devozione fanatica, alla fede cieca, al disprezzo della vita (specie quella degli altri), alla banalità del male. Sarà che sono tedeschi, mica Hollywood. Sarà che è un film di attori, uno splendido gruppo di attori, anche se tutti insieme da noi sono meno famosi di un comico di serie B. L’ambientazione relativamente claustrofobica dà poco spazio all’azione, inevitabilmente il taglio di molte scene tende al teatro, e se ciò da una parte può infastidire chi cerca il cinema puro, dall’altra mette appunto in risalto gli attori. Bruno Ganz fa del suo meglio, poi immagino che uno spettatore tedesco sia in grado di cogliere meglio il mimetismo della sua interpretazione; ad ogni modo è un Hitler non scontato, che oscilla fra scatti d’ira, gelide sentenze e momenti di fragilità e commozione. Mi piacerebbe confrontarlo un giorno con quello di Alec Guinness (Gli ultimi dieci giorni di Hitler, di Ennio De Concini). Ma a dispetto del sottotitolo italiano, il dittatore non è protagonista assoluto della pellicola, è più il collante della storia. Ecco allora venire al proscenio, scena dopo scena, gli altri: Himmler, la famiglia Goebbels, Speer, Eva Braun, le giovani segretarie, generali e ufficiali vari… Mi ripeto, ma credo non ci sia un solo personaggio fuori posto. Per dire, possiamo giudicare Eva Braun un’oca incredibile, ma non è una forzatura: era quella. Su tutti, impressionano i coniugi Goebbels. Lui (Ulrich Matthes) è bravo ma penalizzato da un trucco pesante, lei (Corinna Harfouch) è spaventosamente brava: la scena in cui Magda Goebbels avvelena i suoi figli è semplicemente da brividi. E allora diamo merito anche al regista Oliver Hirschbiegel, che non sarà un nome di grido, ma gli attori bisogna pure saperli dirigere. Non pretendo che sia un capolavoro, ma una visione la consiglio assolutamente a tutti. Se non altro per vedere fin dove è capace di spingersi l'uomo. E la donna. 

 

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