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Striscia, una zebra alla riscossa

Regia di Frederik Du Chau vedi scheda film

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La recensione su Striscia, una zebra alla riscossa

di giancarlo visitilli
8 stelle

Sia detto subito: si tratta di un film per piccoli e loro accompagnatori. Anzi, questi ultimi prendano nota di ogni singola battuta del film e ne facciano tesoro, perché anche le zebre, nel loro piccolo, s’incazzano. La diversità, la competizioni e gli atteggiamenti delle nostre civilizzate società, insieme danno vita all’animal-farm di un bravo regista come Frederick Du Chau.
Durante una tempesta notturna, un circo itinerante perde accidentalmente un cucciolo di zebra: l’animale, infreddolito e malfermo, viene soccorso da un fattore, Nolan Walsh, che decide di tenerlo nella sua fattoria, facendone un dono gradito alla figlia quattordicenne. Striscia, questo il nome dato dalla ragazza alla giovane zebra, fa subito amicizia con le altre bestie della fattoria, ma soprattutto sviluppa l’irresistibile desiderio di correre su una pista, per poter competere con i purosangue del vicino maneggio gestito dalla perfida Clara Dalrymple. Pur non essendo un cavallo, Striscia farà di tutto per realizzare il suo sogno, nonostante la volontà di Nolan, che già anni prima aveva perso sua moglie in una gara ippica.
Ottimo il livello tecnico delle immagini, utilizzato anche per rendere quanto più verosimilmente umano il modo di parlare degli animali. Alla computer grafica sono state aggiunte le immagini delle bestie riprese dal vero, ottenendo un amalgama il cui effetto è decisamente efficace. Per la sola zebra protagonista sono stati utilizzati dieci animali diversi, addestrati con cura e grande pazienza. La fattoria di Nolan, alla fine, non ha nulla da invidiare a qualsiasi buona famiglia, visto che comprende un vecchio Shetland, allenatore di cavalli da corsa, una saggia capra, un pellicano che si atteggia a boss mafioso e un San Bernardo dormiglione. Ce n’è per tutti.
La regia di Frederick Du Chau, esperto di animazione e vincitore, con i suoi lavori precedenti, di vari premi in manifestazioni specializzate, è strepitosa ed offre, oltre ai momenti di buona resa spettacolare, una preziosa comicità, impreziosita da due simpatiche “spalle” (degne d’essere accanto a Totò): due mosche canterine e nello stesso tempo logorroiche, oltre che molto ‘sporcaccione’, come è giusto che sia nel caso delle mosche e della loro ragion d’essere, sebbene noi uomini siam soliti giudicare finanche loro, semplicemente per quello che sono.
Du Chau conosce il buon cinema e ce lo mostra attraverso le tante citazioni presenti in questo suo film: da quella dei western di Sergio Leone nella prima corsa di Striscia contro il furgone di un lattaio, a quella della saga de Il padrino nei discorsi del pellicano, passando anche per un cinema non decisamente con la “c” maiuscola, Rocky 4, nelle scene dell’allenamento a botte di sudore e sacrificio di Striscia, contrapposto a quello iper-tecnologico del suo avversario purosangue, con tanto di tapperoulant.
Grande il rammarico per non aver potuto sentire le voci originali dei personaggi, prestate in questo caso da un cast di tutto rispetto: da Dustin Hoffman per lo Shetland Tucker, a Whoopi Goldberg per la capra Bocca di Rosa, Joe Pantoliano per il simpatico pellicano Gozzo, al rapper Snoop Dog per il segugio Lightning.
Tuttavia “Certi cavalli hanno paura di chi è diverso”, specie di “un cavallo riuscito male”, sono battute memorabili, qualcuno potrebbe pensare non opportune per un pubblico bambino. Non è così: prevenire è sempre meglio che curare. Altrimenti corriamo il rischio di avere sempre gli stessi atteggiamenti nei confronti di chiunque indossa (anche se non materialmente) la diversità, che a detta di molti esiste per ancora molti uomini e donne di altro colore, religione, di altre tendenze sessuali, ecc. Questa è una fiaba per chi sa di avere un merito: quella di riconoscersi un animale. A prescindere dalla razza a cui possa appartenere, la cui discussione appartiene solo agli umani.
Giancarlo Visitilli


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