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Montparnasse

Regia di Jacques Becker vedi scheda film

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La recensione su Montparnasse

di hupp2000
8 stelle

Depresso, alcolizzato e affetto da tubercolosi, l’ancor giovane Modigliani, artista di genio squattrinato e ignorato dai suoi contemporanei, erra tra i bistrots di Montparnasse. E’ amato da due donne che maltratta in egual misura anche se in modi diversi. Béatrice, inglese e libertina, vorrebbe esserne l’amante trasgressiva e complice di notti vissute allo sbando, mentre Jeanne, donna della buona borghesia parigina, punta sulla passione amorosa totalizzante, tanto da aver abbandonato la famiglia per unirsi all’artista di cui asseconda ogni capriccio. Con lei, Modigliani conoscerà qualche momento di serenità e speranza, ma di lì a poco muore in un ospedale della capitale francese. Ignara dell’evento, Jeanne svende ad un losco mercante d’arte buona parte delle opere del pittore...

Misconosciuto in Italia, il film che racconta l’ultimo anno di vita di Modigliani venne accolto malamente dalla critica francese per motivi che nulla hanno a che fare con il prodotto realizzato. In origine, doveva essere diretto da Max Ophuls, che ne aveva curato sceneggiatura e dialoghi, ma il cineasta morì poco prima dell’inizio delle riprese. Benché sia legittimo ipotizzare che Ophuls ne avrebbe ricavato un capolavoro, affermare che la regia di Jacques Becker abbia rovinato l’impresa è, secondo me, leggermente eccessivo. Jacques Becker è pur sempre l’autore di “Casque d’or” (1952), e “Touchez pas au grisbi” (1954). La sua ricostruzione della bohème parigina del primo dopoguerra è accurata, nostalgica e non priva di fascino. Appare inoltre efficace nel dirigere un gruppo di attori di innegabile bravura, a cominciare da Gérard Philipe, che si cala alla perfezione nel difficile ruolo del pittore sfiancato dalla malattia e dall’alcool, il classico bel tenebroso dalla mente sconvolta. Lo affiancano Lilli Palmer, amante inglese sbarazzina ma molto lucida nella sua consapevolezza di non poter distogliere l’uomo che ama dalla sua testardaggine autodistruttiva, nonché un’intensa Anouk Aimée nella parte di Jeanne, donna innamorata e sottomessa ai bruschi salti d’umore del genio maledetto. Non passa ovviamente inosservata la presenza in scena di Lino Ventura nel ruolo di Morel, mercante d’arte senza scrupoli che è forse l’unica persona ad aver capito in anticipo la gloria postuma cui era destinato Modigliani. Granitico come sempre, compare solo in un paio di scene, ma si rivela personaggio chiave e non lo si dimentica facilmente. La vicenda raccontata è triste e senza riscatto, ma si snoda senza enfasi melodrammatica e con la necessaria padronanza del ritmo narrativo. Film da riscoprire e rivalorizzare.

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