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Tre donne immorali?

Regia di Walerian Borowczyk vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tre donne immorali?

di kotrab
8 stelle

Dopo la parentesi italiana di Interno di un convento, il raffinatissimo W. Borowczyk torna alla sua migliore vena creativa con Tre donne immorali? (o meglio Les héroines du mal). Anche qua sceglie la forma del polittico, ossia tre parti ambientate in epoche storiche diverse, come nel caso de I racconti immorali: e proprio la qualità visiva dell'immagine e degli apparati scenografici - specialmente antichi - dimostrano la levigatezza e la preziosità (derivata anche dall'attività di pittore) con cui il regista concepisce l'erotismo, la bellezza del corpo umano, esaltata appunto anche dalla resa del contesto.

Le tre protagoniste hanno nomi apparentati dalla stessa sillaba iniziale, "ma", derivante dalla parola "male", quasi fossero una sorta di corrispettivo ante litteram delle greenawayane donne di Giochi nell'acqua: eroine disposte all'eliminazione fisica di ogni ostacolo a loro assoluto capriccio: così Margherita ristabilisce la propria indipendenza da Raffaello Sanzio e dal banchiere rivale; la apparentemente indifesa e innocua Marcelline si vendica dei genitori, rei di averle tolto cinicamente l'adorato coniglietto Souci (così in originale - in italiano Fiorello); Marie è salvata dal suo cane dalle sevizie di un rapinatore, ma il fiore all'occhiello sta nell'eliminazione "naturale" del marito, di cui il cane diventa geloso.

Magistrale, ripeto, la capacità che ha Borowczyk di affascinare e di sedurre lo spettatore tramite i particolari del montaggio al limite del surrealismo (in particolare in Marcelline, dove i simbolismi dell'agnello, della campagna esteriormente idilliaca, del candore e della morbidezza del coniglio bianco, la violenza carnale del garzone nero nell'ovile, il sangue umano e animale, rimandano alla dimensione onirica e mitologica de La bestia). Oppure, ancora, intriga con i marchingegni tecnici di Raffaello (quasi un rimando al passato oggettistico e d'animazione del regista - importante anche per un tipo come Jan Svankmajer), fa respirare in mezzo alle rovine e alla luce di Roma, o sorprende nell'epilogo del terzo episodio (comunque il meno affascinante) mettendo in scacco il voyerismo superficiale. 

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