Regia di James Wan vedi scheda film
Un seriel killer costruisce delle trappole da cui le sue vittime hanno effettivamente la possibilità di scappare (anche se a caro prezzo), con l'obiettivo di far riscoprire loro il valore della vita. Nello specifico noi assistiamo al "gioco" che coinvolge Lawrence (un medico menefreghista e fedifrago) e Adam (fotografo sciacallo che campa spiando il prossimo). L'elefante nella stanza è la plateale sensazione di brodo allungato: il materiale narrativo è perfetto per un mediometraggio di cinquanta minuti, ma è assolutamente insufficiente per reggere la durata di un film da un'ora e mezza abbondante. Tutta la parte dell'indagine poliziesca è inutilmente ipertrofica e spezza tantissimo la tensione, stessa cosa dicasi per la parentesi domestica a casa del dottore. Per creare un vero gioiello sarebbe stato necessario chiudere davvero tutto in una stanza, approfondire il rapporto fra i due personaggi ed implementare gli enigmi, facendo scoprire a poco a poco il senso della vicenda. Così com'è il risultato è un thriller/horror abbastanza gradevole, che non aggiunge molto al genere (soprattutto dopo l'inflazione che esso subì negli anni '90) ma che neanche sfigura di fronte ad altri rappresentanti dello stesso ben più titolati (e ricchi in termini di budget), con alcune scelte di messa in scena discutibili (le velocizzazioni) ed altre ben più suggestive (le due scene di rapimento), con un colpo di scena finale gratuito ma tutto sommato efficace e col merito indiscutibile di aver creato forse l'unico vero spauracchio horror ad essere diventato un'icona negli anni duemila (sulla scia dei vari Freddy e Jason) grazie alla sua collezione di feticci cult come il costume da maiale, la bambola sulla bicicletta ed i messaggi registrati.
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