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Mio cognato

Regia di Alessandro Piva vedi scheda film

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La recensione su Mio cognato

di giancarlo visitilli
4 stelle

Dopo il Festival di Locarno, un’altra presentazione, anche se non ufficiale, al Festival di Venezia, il cognato torna nella sua città. E’ da oggi in programmazione, nelle sale italiane, Mio cognato del regista Alessandro Piva.
In principio era Vito Morte e Miracoli, titolo sicuramente più originale, rispetto a quello che non si risparmia in secchezza anagrafica, Mio cognato. Addirittura si dice che qualche prelato di Roma abbia avuto delle perplessità a riguardo dell’iniziale titolo, evidentemente troppo vicino allo stile utilizzato da un artista musicista, ormai “del diavolo”, Zucchero e il suo Oro incenso e birra e Spirito DiVino.
Dopo l’exploit de La Capa Gira, non nutrivamo grandi aspettative, infatti la delusione è dietro l’angolo. Piva ha mantenuto il suo rigore compositivo, pieno di sensi comuni e di cose trite e ritrite. Ormai anche gli iraniani, da dieci anni, conoscono un certo cinema, cosiddetto “ai margini”, ma meglio di noi: almeno evitano la ripetitività.
Toni e Vito hanno in comune solo il grado di parentela, sono cognati, ma entrambi sembrano estranei l’uno all’altro. Quanto a carattere e stile di vita sono completamente diversi. Toni, quarantenne, ha un approccio con le cose grossolano, vive in una realtà senza tempo e nella folla ricerca del ‘successo imprenditoriale dal basso’. Vito, invece, conduce una vita più regolare, essendo un comune impiegato. L’occasione dell’incontro fra i due, non solo materiale, avviene durante il battesimo del nipote di Vito, a cui viene rubata l’auto nuova, della quale sta ancora pagando le rate. Uno “sgarro”. Sarà Toni ad aiutare suo cognato a ricercare l’auto, durante una notte senza fine, nel borgo antico della città di Bari, facendo qualche puntata nei soliti quartieri ai margini della città, ormai divenuti anch’essi città, visto il numero degli abitanti e gli stessi servizi di cui, bene o male (come nel capoluogo pugliese), usufruiscono. Vito scoprirà un’altra città, e Toni un ‘altro cognato’.
Nonostante il cast di rilievo, imposto dalla produzione (RaiCinema), che vanta due attori attualmente in auge nel panorama italiano, Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini, il film, già dopo i primi venti minuti, stanca, né i due bravi attori riescono a salvarne le sorti. Anzi, i due finiscono per ridursi a banali caricature di se stessi, che a detta del regista ricordano i protagonisti di Fuori Orario di Martin Scorsese. Provare per crederci o meno. Invece, è innegabile la forte atmosfera che si respira in Mio cognato, presa da Il sorpasso, come anche l’idea presa dal De Sica di Ladri di biciclette. Naturalmente con le debite differenza di stile, linguaggio e ‘mezzi’.
Giancarlo Visitilli

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