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Rosenstrasse

Regia di Margarethe Von Trotta vedi scheda film

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La recensione su Rosenstrasse

di Decks
6 stelle

Nella Germania del 1943 non tutti i cittadini, facenti parte della così detta "razza ariana" erano d'accordo con le dure leggi promulgate dal partito nazista: la prova è con l'accaduto nella via di Rosenstraße, dove centinaia di donne, con una manifestazione non violenta, riuscirono ad avere la meglio ottenendo la liberazione dei mariti pronti ad essere deportati. Ancora oggi, in quella via, rimane il monumento a favore di quelle mogli che ebbero il coraggio di ergersi per il bene della famiglia contro delle folli istituzioni.

 

 

Margarethe Von Trotta si prende la briga di riesumare quei ricordi: ella gli conferirà un aspetto storico non indifferente grazie alla scelta di ripercorrere quei fatti attraverso una ricerca di Hannah: un elemento, che non solo rende più concreto l'intero scorrere degli eventi, ma fa in modo che lo spettatore si immedesimi con la figlia di Ruth, alla costante ricerca di udire il finale di quella storia così cupa.

Fosca, è difatti, la Berlino del '43 e la regista tedesca, non solo è capace di ricreare questo ambiente oppressivo, ma anche di dare una sensibilità unica a tutte le sue sequenze: senza dover per forza riprendere direttamente la cruda violenza delle forze armate, ci fa rattristare per un palazzo vuoto o un semplice camion, che nella notte parte per il nulla, equivalente alla morte.

Ci vuole un grande talento per fare in modo che il pubblico si emozioni ancora con scene di iniquità naziste, visto che, ormai, l'argomento è stato trattato assiduamente. La Von Trotta ci riesce: grazie alla sua regia robusta, che si sofferma non sull'atto ingiusto, ma quanto sui momenti che lo precedono o lo susseguono, rendendoli tutti significativi e colmi di un meraviglioso senso di amarezza; nessuno sperimentalismo, la scrittura è lineare, ma risulta comunque efficace.

Lo stesso non può essere detto per le sceneggiature: sicuramente la sua rappresentazione di donne fiere, solidali e coraggiose è ben svolto; raramente si sono viste mogli di una simile forza d'animo. Malgrado ciò, la Von Trotta non si limita a ritrarre l'eroicità di queste valchirie, ma presenta la sua Germania come popolata da donne forti e uomini che, o sono bestie senza cuore, o sono semplicemente degli ingenui: personaggi traboccanti di misoginia o di ottusità fanno perdere tutta la realistica storicità dell'opera; dialoghi e situazioni improbabili, più, un attaccamento smisurato alla sua posizione, tanto da darne una visione più femminista che oggettiva.

 

Comunque, non sembrano essere le sceneggiature lo scopo principale della regista, bensì, le immagini e il racconto di un fatto realmente accaduto. Nel primo caso il successo è dovuto alla fotografia di Franz Rath: la scelta dei colori è fondamentale per distinguere la New York contemporanea fatta di tinte sature e dai colori usuali del nostro tempo, contro quelle di una Berlino che è sospesa tra un presente malinconico e un passato denso di dolorosi ricordi; le colorazioni grigiastre, quasi eteree, fanno sì che lo spettatore abbia la sensazione di essere egli stesso immerso in un una sua reminescenza.

Il secondo non è altrettanto riuscito: la Von Trotta indecisa nella scelta della giusta protagonista, alterna in modo scapestrato Lena, Hannah e Ruth senza logica o criterio. Oltretutto per ingranare la giusta marcia ci mette davvero troppo tempo, quasi la prima metà dell'opera si perde in dialoghi frivoli e scene inconsistenti.

A questo si aggiunge il pessimo montaggio fatto da Corinna Dietz. Confusionario e mediocre: alterna ogni scena senza la minima consapevolezza; scombussolando gli intrecci e mettendo ancor più sottosopra la storia delle tre protagoniste principali; ogni volta, la speranza è quella che il flashback duri qualche minuto in più, per dare allo spettatore una costanza nella trama e poter adagiare l'attenzione su un determinato pensiero o atto di una delle tre ragazze, ma la scena cambia immediatamente, alternando troppo frequentemente passato e presente e recando un senso di sballottamento a chiunque.

 

In ambito storico espone un fatto sconosciuto ai più, che giustamente non deve essere dimenticato, dimostrando di saper muovere la cinepresa sul set e di far commuovere.

In ambito cinematografico, però, vi sono delle lacune molto vistose: sia negli aspetti tecnici, quali il disordinato montaggio; sia nell'eccessivo accanimento contro il sesso maschile, che fa perdere l'oggettività del racconto.

È anche vero che tutte le donne presenti nella pellicola brillano grazie alla loro personalità e coraggio. In particolare Katja Riemann, che spicca su un cast discreto: è lei il perfetto ritratto della donna tedesca. A prima vista gelida e superba, ma in realtà passionevole e legatissima al suo amore; fenomenale la differenza di espressività che l'attrice attua alle due feste, facendoci così percepire i suoi reali sentimenti: con suo marito sorridente e gioiosa; con una figura sconosciuta, ma possibile speranza per il rilascio del suo vero amore, distaccata e con gli occhi lucidi, pronta a immolarsi per il suo cuore.

 

 

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