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Cose di questo mondo

Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film

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La recensione su Cose di questo mondo

di tizbel
8 stelle

“In This World” è ritenuto un film drammatico forse perché contiene alcune sequenze di fiction, mentre la sua collocazione di genere più appropriata sembra quella del film-documentario. Il regista presenta infatti una grande quantità di materiale che documenta il viaggio di Jamal, le persone che incontra ed i luoghi nei quali viene a trovarsi. In questo processo, la mdp si avvicina, si allontana, rotea, addirittura “ansima” con personaggi e ogni tanto ci offre delle panoramiche da road-movie. Il percorso narrativo e filmico è accompagnato da una fotografia adeguata: in generale cupa per dare maggiore spessore alla drammaticità degli eventi mentre in certe sequenze particolari risulta ben utilizzata tecnicamente, tanto da dare allo spettatore una sensazione di maggiore partecipazione “fisica” alla vicenda, unita alla già presente partecipazione emotiva. Su quest’ultimo aspetto della fotografia, faccio soprattutto riferimento a quella sequenza molto “sgranata” che caratterizza il passaggio notturno della frontiera verso la Turchia: si tratta di un fattore tecnico necessariamente presente, ma che al tempo stesso dà la sensazione della caotica “atomizzazione” degli ambienti e delle persone. In un primo momento, tali riprese sembrano fatte per lo spettatore che assiste ad una specie di “disintegrazione” di un minuscolo gruppo di esseri umani considerati probabilmente “insignificanti” tra gli innumerevoli esseri umani nelle medesime condizioni; in un secondo momento, si ha invece la sensazione di assistere alla “sgretolamento della visione” dei protagonisti stessi che, stremati dal viaggio, non possono avere una vista tanto lucida, a prescindere dall’inevitabile scarsa nitidezza delle riprese notturne. Sempre in termini di fotografia, i lunghi tempi di esposizione producono delle scie luminose come ulteriore contributo ad una visione più sfumata e confusa. Con questo film, mi è sembrato, in un certo senso, di ripercorrere a ritroso il viaggio di Gino Strada, descritto nel suo ultimo libro (Buskashì): un viaggio caratterizzato da numerose tappe raggiunte con numerosi mezzi e caratterizzato da numerosi giacigli su cui riposare. Il viaggio di Gino Strada mi è sembrato poi un po’ meno sofferto rispetto a quello di Jamal; è probabile allora che il viaggio di quest’ultimo assomigli di più a quello di Primo Levi descritto ne “La Tregua”: la meta alla fine la raggiungi, ma il cammino percorso per raggiungerla ti ha nel frattempo logorato nello spirito. Non si dica poi che questo film non determina emozioni nello spettatore! Perché è una menzogna assoluta! Per avere emozioni è sufficiente pensare al bambino che ha perso i genitori dentro una “scatola metallica”; il suo destino non ci viene volutamente reso noto perché prima di tutto non è affatto nelle finalità del film e poi perché deve determinare in noi quell’incertezza che produce un profondo senso di abbattimento. Quella sequenza, a mio parere, serve molto a “concentrarsi” sul valore della vita umana, che, per certa gente, significa solo l’uguaglianza con il valore di un mazzo di banconote. Questa presa di coscienza da parte dello spettatore non è certo sufficiente a prosciugare il mare di ipocrisia presente nel nostro “mondo occidentale”, ma è sicuramente di più del “niente”!

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