La recensione su Duel

Duel (1971): scena

Il commesso viaggiatore David Mann, in viaggio per un appuntamento di lavoro attraverso le lande semi-desertiche della California interna, azzarda un sorpasso di un'autocisterna arrugginita ed inquinante. Non può certo immaginare che il bolide non gli perdonerà questa sfida e ingaggerà con lui un vero e proprio duello per le strade solitarie e polverose, tentando ripetutamente di farlo fuori in un estenuante inseguimento che diviene un gioco del gatto col topo, attendendolo quando sosta, tendendogli agguati e cariche.

Esordio al fulmicotone per il giovane Steven Spielberg, in quello che originariamente era un film-tv per la ABC, poi leggermente allungato e trasformato in film vero e proprio per le sale europee. Avendo a disposizione un solo vero personaggio, il venticinquenne Spielberg sfodera una capacità sorprendente nell'utilizzo del mezzo cinematografico per costruire un thriller efficacissimo, debitore ad Hitchcock nella costruzione della tensione, alla tradizione dei road movie tipicamente americani e persino al western nel motivo del duello. Spielberg, che pretese di girare l'intero film on location per evitare la finzione dello studio, riesce a mandarci il cuore in gola mantenendo un ritmo serratissimo.e non permettendo mai che tale folle vicenda scada nell'inverosimile, disseminando il viaggio del protagonista di incontri e spiegando sempre credibilmente perché queste persone non riescono ad aiutare David, mentre il mancato intervento della polizia è risolto nella fulminante scena della cabina telefonica. Inoltre conferisce grande compattezza all'opera optando per l'unità di situazione: il film è il viaggio in auto di David Mann, partendo dalla sequenza iniziale dell'uscita dalla città, ripresa a livello di paraurti, e continuiamo a a viaggiare con lui senza flashback o diversioni, con la sola telefonata alla moglie ad aprirci una finestra sulla sua vita.

Duel (1971): Dennis Weaver

Mi correggo rispetto a quanto sopra, meglio dire che c'è un solo vero protagonista che vediamo in volto (David Mann interpretato da Dennis Weaver), perché l'autocisterna arrugginita dal muso quasi animale e dall'inquietante scritta “flammable” sul retro diviene un personaggio in sé, un antagonista a tutti gli effetti, degno dei peggiori cattivi della settima arte. La scelta vincente di non mostrare mai volto il conducente dell'autocisterna, di cui si intravedono soltanto uno stivale ed un braccio, rende ancora più terrificante lo scontro di un uomo comune contro una forza che ci appare disumana e sovraumana. Scelta che ci regala la splendida sequenza (molto hitchcockiana davvero) al Chuck's Cafe, ove David scruta ansioso tra i tanti cowboy seduti al bancone per capire quale sia il suo persecutore: ciascuno degli avventori è un sospetto, ma nessuno verrà identificato. Scelta che avvolge in un alone misterioso anche le motivazioni dell'accanimento contro il povero commesso viaggiatore (forse riconducibili ad un machismo adombrato dalla telefonata dell'uomo che non è capofamiglia in casa sua, che David ascolta all'autoradio), rendendolo ancor più spaventoso. E così anche dopo la caduta nel baratro non vediamo la morte del camionista, di cui solo scorre lungo il volante un rivolo di sangue, ma piuttosto la lenta agonia della bestia meccanica (Spielberg si rifiutò risolutamente di “tagliare corto” con l'esplosione richiesta dai produttori della ABC).

Duel (1971): scena