Espandi menu
cerca
Il cigno

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 206
  • Post 133
  • Recensioni 1085
  • Playlist 313
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il cigno

di mck
9 stelle

“What's happened to you?”

 

 

I picchi verdi preferiscono andare a caccia di formiche razzolando il terreno piuttosto che battere i tronchi degli alberi morti o deperenti alla ricerca di larve dietro alla corteccia e i cigni reali sono degli animali molto territoriali e perciò, tutto sommato, abbastanza simpaticamente stronzi e fastidiosi, ma a parte questo “the Swan” è un piccolo capolavoro. E il salice piangente (willow tree) in riva al palustre laghetto lungo e stretto e circondato da giunchi e canneti in effetti proprio un salice piangente, nel magnifico set-mondo allestito da Adam Stockhausen, fotografato (1.66:1 e 4:3) da Roman Coppola, montato da Barney Pilling e Andrew Weisblum e musicato da un repertorio compilato da Randall Poster, è.

 

 

Wes Anderson elimina praticamente tutto l’inizio…

(eccolo qua: Emie aveva avuto in dono per il compleanno una carabina calibro 22. Suo padre, che quel sabato mattina alle nove e mezzo si era già spaparanzato sul divano a guardare la tv, disse: «Vediamo cosa riesci a prendere, ragazzo. Renditi utile e portaci un bel coniglio per cena».
«Ci sono conigli in quel grande campo sull'altra riva del lago» disse Ernie, «li ho visti».
«Allora va' e beccane uno» disse il padre, utilizzando un fiammifero diviso in due per levarsi dai denti i resti della colazione. «Vai a prenderci un coniglio».
«Anche due» esclamò Ernie.
«Tornando, portami una bottiglia grande di birra scura».
«Dammi i soldi, allora» disse Emie.
Il padre, senza staccare lo sguardo dal televisore, si frugò in tasca e tirò fuori una banconota da una sterlina. «E non ti azzardare a fare la cresta sul resto, come l'altra volta. Ti gonfio la faccia di schiaffi, se ci provi, compleanno o no».
«Non ti preoccupare» disse Emie.
«E se vuoi impratichirti e farti l'occhio su quel fucile» aggiunse, «la cosa migliore sono gli uccelli. Vedi un po' quanti passeri riesci a buttar giù, d'accordo?»
«D'accordo» rispose Ernie. «È pieno di passeri nelle siepi lungo il sentiero. Coi passeri è facile».
«Se pensi che sia tanto facile» disse il padre, «perché non prendi uno scricciolo? Gli scriccioli sono grandi la metà dei passeri e non stanno mai fermi un secondo. Prova a prendere uno scricciolo, prima di sparare sentenze su quanto sei bravo».
«Ma, Albert» intervenne la moglie, alzando lo sguardo dal lavello. «Non è bello sparare agli uccellini nel periodo dei nidi. Vada per i conigli, ma con gli uccellini che fanno il nido è diverso...»
«Chiudi il becco» la interruppe il padre. «Nessuno ha chiesto il tuo parere. Ascolta ragazzo» disse poi rivolto a Ernie, «non andare in giro sventolando quell'aggeggio per la strada, non hai la licenza. Infilalo nella gamba dei pantaloni finché non arrivi nei campi, capito?»
«Non ti preoccupare» rispose Ernie. Prese il fucile con la scatola delle munizioni e usci in cerca di qualcosa da ammazzare. Era un pezzo di ragazzo e quel giorno compiva quindici anni. Come suo padre, che faceva il camionista, aveva degli occhi piccoli e stretti come una fessura, molto vicini all'attaccatura del naso. La bocca era sempre semiaperta, con le labbra spesso umide. Cresciuto in un ambito familiare dove la violenza era cosa di tutti i giorni, era diventato anche lui una persona molto violenta. Quasi tutti i sabati pomeriggio andava in treno o in corriera alle partite di calcio con una banda di amici e, se non riuscivano a scatenare qualche rissa sanguinosa prima che arrivasse il momento di tornare a casa, consideravano la giornata persa. La sua passione era acciuffare i ragazzi più piccoli all'uscita della scuola e torcergli il braccio dietro la schiena. Poi li costringeva a dire cose sporche e infamanti sui loro genitori.)

...dell’omonimo breve racconto di poco più di una dozzina di pagine (ispirate ad un fatto di cronaca locale accaduto nel primo dopoguerra) che Roald Dahl pubblicò nel 1977, assieme ad altri 5 più quello, più lungo, che ne porta e conferisce il titolo, nella raccolta “the Wonderful Story of Henry Sugar and Six More”: una sorta di prologo che serve a contestualizzare la cattiveria, l’ignoranza, l’indifferenza e la stupidità epigenetiche (innate e culturali, caratteriali e famigliari, e tutte correlate fra loro) dei due teddy-boy sfigato-proletari e a fare parallelamente da controparte preventiva all’introduzione…

(questa: Peter Watson era l'eterno nemico. Emie e Raymond lo detestavano perché rappresentava tutto quello che loro non erano. Aveva un corpicino fragile, le lentiggini e occhiali con le lenti spesse. Era un allievo brillante e, pur avendo solo tredici anni, frequentava già l'ultima classe. Amava la musica e suonava bene il piano. Non era bravo nei giochi all'aperto. Era tranquillo ed educato. I suoi vestiti, anche se lisi e rattoppati, erano sempre puliti. Suo padre poi non faceva il camionista o l'operaio, lavorava in banca.)

...del vero protagonista dell’inaudita storia incredibile del ragazzo (Asa Jennings) che non sapeva di non saper volare e quindi volò, introducendolo come narratore attendibile in versione adulta (Rupert Friend, bravissimo) ed affidando la chiosa...

(questa: Ci sono persone che quando hanno troppo penato e superato il limite della sopportazione, crollano e si arrendono. Altre invece, ma non se ne incontrano spesso, per qualche ragione non si lasciano piegare. Se ne incontrano in tempo di guerra, ma anche in tempo di pace. Sono dotate di uno spirito indomabile e nulla, né il dolore, né la tortura, né la minaccia di morte, può convincerli ad arrendersi.
Il piccolo Peter Watson era tra questi.)

...allo stesso Roald Dahl (uno splendido e sommessamente maestoso Ralph Fiennes): “What's happened to you, my darling boy?!”: un’avventura. 

 

 

Rescindere questa politica dicotomia fra classi sociali così esplicita e didascalica sulla carta è anch’esso un atto politico prima che tecnico-artistico che rende più universale la storia traslata per il cinema ed eticamente più pervasiva la susseguente morale derivata (tra quel ragazzino e quell'uomo c'è, anche, una madre).

 

L'architettamento e la realizzazione ur-Lumière del passaggio del treno sono ancestrale kinematos dispensato e dispiegato in purezza meccanica. 

 


* * * * ¼ - 8.5            

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati