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Civil War

Regia di Alex Garland vedi scheda film

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La recensione su Civil War

di diomede917
10 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: CIVIL WAR

Leviamoci subito il dente in apertura di recensione. Civil War è uno dei film più belli visti negli ultimi anni, un devastante viaggio dentro la follia umana che è la causa primaria di guerre senza senso. Una discesa agli inferi dentro la violenza più estrema che cova dentro di noi e che non vede l’ora di esplodere, un racconto che solamente registi come Coppola o Kubrick hanno raccontato nella loro filmografia e che hanno in Alex Garland un fedele discepolo. Civil War deve assolutamente diventare il protagonista nella prossima edizione degli Oscar e Kirsten Dunst deve vincere tutti i premi possibili per la sua fotoreporter granitica e fintamente priva di emozioni.

Civil War nasce dalle ceneri dell’Assalto a Capitol Hill, si apre con lo sguardo addosso al Presidente degli Stati Uniti che sta preparando un discorso alla Nazione per annunciare la prossima fine della Guerra Civile che vede contrapposte le forze del West (rappresentate dal Texas e California col supporto della Florida) contro il resto degli Stati Uniti. Il Presidente è una figura deforme che cambia tono della voce ed espressione del volto durante il discorso facendo trasparire la follia che pervade nel suo animo.

Alex Garland non ci dice perché siamo in guerra, non parteggia per nessuno. Siamo solo al punto massimo di questo delirio distopico. Il suo punto di vista è rappresentato da un piccolo gruppo di giornalisti che decide di intraprendere un viaggio attraverso l’America in direzione Washington con l’unico intento di essere gli ultimi ad intervistare il Presidente prima che le forze secessioniste lo catturino e lo giustizino sommariamente. Fare quelle domande scomode che un vero organo d’informazione deve fare, immortalare con foto la tragedia che sta devastando gli Stati Uniti.

Se i Fantastici 4 del giornalismo rappresentano al meglio il classico stereotipo del genere (abbiamo la Foto Reporter di grido che si chiama Lee proprio come Lee Miller un punto di riferimento per tutti quelli che fanno quel mestiere, abbiamo Joey giornalista indipendente e idealista che ha ben in mente le domande da fare al Presidente per metterlo in difficoltà, il decano Sammy rappresentante di quel che resta del NY Times che grazie alla sua esperienza ricorda al giovane collega di non illudersi perché i vari Mussolini – Gheddafi – Ceaucescu come esseri umani sono veramente deludenti rispetto al mito della loro tirannia e infine la giovanissima fotografa Jesse emozionata di lavorare fianco a fianco col proprio idolo).

In questo strano Road Movie, i nostri eroi fanno varie tappe dentro le diverse contraddizioni che caratterizzano anche gli Stati Uniti odierni.

Nonostante la presenza di due fazioni risulta difficile capire le differenze che animano i rispettivi odi.

Abbiamo gruppi che catturano e torturano compagni di liceo che non li hanno mai considerati quando erano giovani, abbiamo Stati che scelgono di non vedere e non schierarsi mandando comunque cecchini sui tetti a protezione e abbiamo gruppi di esaltati che riempiono fosse comuni di persone che rispondono male alla domanda che tipo di americano sei.

E gli effetti devastanti di questo delirio schizoide di cui non conosciamo bene le origini, forse un Presidente che ha saputo incanalare la rabbia presente nel proprio Paese, li vediamo attraverso le emozioni di questo piccolo gruppo di raccontatori di realtà.

La paura negli occhi della Fotoreporter che ha fotografato la violenza senza ragioni della guerra in ogni parte del mondo che proprio non riesce ad accettare che tutto questo stia succedendo proprio nel proprio Paese (la scena della vasca da bagno è di un devastante realismo), Joey che piange e urla senza che si senta niente del suo dolore perché Garland preferisce raccontarlo solo con le immagini, e soprattutto la giovane Jesse che diventerà grande immortalando scatto dopo scatto come muore veramente un eroe ma che ha il dono di catturare il sorriso del suo idolo che sembra un Clint Eastwood al femminile.

Se come ho detto all’inizio Kirsten Dunst è di una bravura da brivido, Civil War è soprattutto un film di grandissima regia.

Alex Garland ci regala grande cinema omaggiando grandissimo cinema.

La Charlottesville ricorda non poco il Vietnam di Apocalypse Now con questi elicotteri che volano imperterriti tra nuvole di fumo, ci sono echi di Full Metal Jacket negli attacchi di cecchini invisibili contro l’esercito e immortalati nel bianco e nero delle foto che catturano una violenza senza ragione, l’assalto alla casa bianca per catturare il Presidente sono paradossalmente la versione cinematografica dei reportage televisivi che ci hanno raccontato la cattura dei vari Saddam, Gheddafi e Bin Laden. Uno sconvolgente ribaltamento dei ruoli.

E onestamente finire con Dream Baby Dream dei Suicide mentre piano piano si sviluppa sullo schermo la foto simbolo di questa folle guerra è la vera firma della consacrazione di un grandissimo regista.

Voto 9.

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