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Suzume

Regia di Makoto Shinkai vedi scheda film

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La recensione su Suzume

di EightAndHalf
6 stelle

Shinkai immagina il mondo come una stanza di catastrofi. Dal cielo arrivano la pioggia di Weathering with You e la cometa di Your Name; dalle pareti si rischia uno tsunami; dal basso partono scosse di terremoto. È il Giappone, grappolo di miserie comuni - naturali e storiche - e nucleo fondativo di un’idea di trauma collettivo, al cinema, che si scontra con il Buddhismo, la mitologia, lo stile di vita nipponico. Il cinema d’animazione giapponese parla di questo da sempre, con metafore più o meno scoperte (da Akira a Ponyo sulla scogliera), e Shinkai, distrattosi dai cosmi interiori e irreali dei suoi personaggi innamorati (5 cm al secondo, Voices of a Distant Star), ha trovato con Your Name lo spunto di un percorso registico in cui allinea su più trame dei disastri collettivi, cucendoci attorno storie d’amore impossibili. 

Suzume è una giovane studentessa orfana di madre (morta nel disastro di Fukushima); scopre, per causa indiretta dell’incontro con un giovane uomo attraente (Souta), un portale su un limbo extradimensionale (Ever-After) da cui un terribile mostro-vermone vuole fuoriuscire per distruggere la Terra. Si ritroverà dunque ad affrontare, insieme a Souta, questa nuova minaccia in giro per il Giappone, in un on-the-road che vedrà coinvolti anche altri personaggi e l’elaborazione del personalissimo trauma della protagonista.

Un dettaglio non da poco è che Souta, per un’apparente maledizione lanciatogli dal demone-gatto Daijin, diventa una sedia (una sedia per bambini a cui Suzume è molto legata), causando così gag e incomprensioni con tutti i comprimari incontrati per strada.

Shinkai è un autore pop di energia furibonda. Il suo romanticismo millennial, che irrompe nel ritmo della storia frastornando lo spettatore occidentale, è un marchio di fabbrica fra i più imitati. Forse di recente - da Your Name - le ragioni profonde delle sue operazioni si sono fatte più seriose, più realistiche (tanto da trovare forse più presa in spettatori diversi dal puro contesto nipponico), ma non rinunciano a fiumi in piena di trovate e a situazioni variegate e grottesche. Dal melodramma più straziante al grottesco più ridicolo, Suzume vanta come gli altri film uno spettro emotivo irriducibile a parole. È certamente accumulo di maniera, ma se la maniera è varietà allora c’è poco da contestare.

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