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Session 9

Regia di Brad Anderson vedi scheda film

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La recensione su Session 9

di cheftony
8 stelle

Che cosa ci fai qui?”

 

Gordon (Peter Mullan) è il proprietario di una ditta che si occupa di rimozione e smaltimento di amianto dagli edifici, disposto a tutto pur di ottenere l'incarico su un vecchio manicomio, il Danvers State Insane Asylum, chiuso e abbandonato, come molti altri, intorno alla metà degli anni '80.

Gli affari vanno maluccio e per avere l'appalto Gordon garantisce di terminare i lavori in una settimana appena, vale a dire compiere un'impresa facendosi un culo così. Ad accompagnarlo in questo lavoro ingrato sono quattro suoi dipendenti, fra cui il collaboratore di una vita Phil (David Caruso) e il nipote Jeff (Brendan Sexton III), ragazzo volenteroso ma nictofobico.

I lavori nel lugubre istituto, già impegnativi di per sé, hanno inizio il lunedì immediatamente successivo all'affidamento, ma la tensione si accumula sinuosamente quando Mike (Stephen Gevedon, co-sceneggiatore del film), riservato operaio di Gordon ed ex-studente di legge, scopre fra le rovine del manicomio una serie di nastri di sedute psichiatriche: riguardano una paziente con sdoppiamento multiplo di personalità, tale Mary Hobbes, in cura molti anni prima fra quelle stesse mura. Sono nove nastri, nove sessioni, tese e inquietanti, che Mike ascolta in solitudine con forte interesse.

Come se non bastasse, il team non è proprio affiatato: Gordon, oltre alle difficoltà economiche, in realtà vive una grave situazione personale e familiare, mentre Phil mal sopporta il quinto elemento del gruppo, Hank (Josh Lucas), sbruffone che gli ha portato via la fidanzata qualche tempo prima...

 

Session 9” è il terzo lungometraggio di Brad Anderson ed il primo a prendere una via intricata dopo un paio di commedie romantiche; indicato banalmente come horror, in realtà questo è un thriller pervaso da un sottile gioco psicologico, sorretto da una valida sceneggiatura, scritta dallo stesso Anderson e dal succitato Gevedon, e da un'ambientazione di tutto rispetto, vale a dire il vero Danvers State Hospital, abbattuto giusto qualche anno fa e già malconcio a dovere da costituire una location malsana da film dell'orrore senza alcun bisogno di lavorare sulle scenografie.

Forte di queste frecce al proprio arco, il film può anche permettersi di essere abbastanza low-budget e puntare parecchio sulla regia buonissima di Anderson e sul lavoro delicato degli attori, fra cui eccellono gli esperti Mullan e Caruso, per mascherare la pressoché totale assenza di effetti speciali e dunque costruire la tensione passo per passo, senza sbracare e senza cercare il colpo ad effetto.

Pochissimo sangue, atmosfera tesa, sublime arte di arrangiarsi, angosciante colonna sonora dark-ambient e un finale ben congegnato portano ognuno il proprio mattone al buon risultato, che tale non è stato per il pubblico: alla sua uscita nei cinema, nel 2001, “Session 9”, uno dei primi film ad essere girato completamente in digitale, incassò davvero poco (si parla di 380'000$ totali di incasso a fronte di 1'500'000$ stimati di budget) ed è diventato un'opera di culto solo qualche anno dopo, fortunatamente. Film insidioso, che lavora di sottecchi fra le maglie di una suspense studiata in maniera al contempo spontanea e complicata, è una sorpresa da non sottovalutare e un prodotto ragguardevole nel suo genere.

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