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The Menu

Regia di Mark Mylod vedi scheda film

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La recensione su The Menu

di YellowBastard
5 stelle

Chissà quale pellicola sarebbe uscita fuori se, come inizialmente previsto dal progetto iniziale, il regista fosse stato Alexander Payne (Nebraska, Paradiso Amaro, Sideways, Downsizing) e la protagonista fosse stata interpretata da Emma Stone (Suxbad, Easy Girl, Crazy, Stupid, Love, Lalaland, La Favorita, Crudelia).

Entrambi invece hanno dovuto rinunciare per improrogabili impegni lavorativi e, alla fine, la scelta per la regia è caduta su Mark Mylod

Giovane regista estremamente poliedrico, Mylod ha debuttato alla regia nel 2002 con Ali G mentre il suo ultimo lavoro per il grande schermo è stata invece la commedia brillante (S)ex List (2011), poi ha lavorato esclusivamente per le grandi piattaforme come HBO (Entourage, Il Trono di Spade, Succession) e Showtime (Shameless, The Affair) per tornare, dopo più di dieci anni, a lavorare per il cinema con una pellicola, nonostante tutto, particolarmente attesa dalla critica. 

 

The Menu | Film 2022 | MovieTele.it

 

The Menu è una feroce satira sul mondo della cucina d’élite, come quella concettuale (ovvero “la discontinuità o la non-continuità a funzionare come principio base, per rendere percepibile con evidenza come la continuità sia una delle possibili forme dell'espressione in cucina, ma non l'unica”. O almeno così dicono) e molecolare (ovvero “scienza che si occupa di studiare i processi chimici che stanno alla base della cucina tradizionale permettono agli alimenti di trasformarsi nel prodotto finito” ...Ookaayy) ma soprattutto sul mondo che vi orbita attorno, dai semplici consumatori ai critici gastronomici fino allo stesso chef e relativi sous-chef, (shef in seconda), aiutanti, sommelier e camerieri estremamente devoti al Messia gastronomico di turno, tratteggiando e schernendo la profana mistificazione dell’arte culinaria rea di creare un pubblico indottrinato incapace di reagire diventandone, in qualche modo, succubi. 

O almeno è quello che, nelle intenzioni, dovrebbe essere.

E invece la sceneggiatura di Seth Reiss & Will Tracy trasforma, anche irrealisticamente, una cena esclusiva in un altrettanto esclusivo ristorante su una specie di motu polinesiano raggiungile esclusivamente via nave, in una carneficina ideologicamente pretenziosa.

 

The Menù è certamente un thriller piuttosto atipico, una black comedy agro dolce, strana e disturbante e, per certi versi, crepuscolare, con tantissima carne al fuoco e che affronta più tematiche (troppe) in un continuo alternarsi di gusti (temi) e sapori (atmosfere).

Purtroppo, non tutte le ciambelle riescono col buco e una tale ambizione, in realtà più formale che reale, finisce per risultare piuttosto pesante da digerire, con o senza digestivo.

 

Infatti, pur vantando una impostazione piuttosto classica, alla Agatha Christie (o, nel caso, alla Battle Royale) e un parterre attoriale di tutto rispetto (tra cui si annoverano Anya Taylor-Joy, Ralph Fiennes, Nicholas Hoult, Hong Chau, Janet McTeer, John Leguizamo, Paul Adelstein, Aimee Carrero e Arturo Castro), a fine pasto rimane soprattutto l’insipidità della sceneggiatura, l’impalpabilità delle soluzioni adottate e il retrogusto (amaro) di una pellicola che, dietro alla patina di una satira sociale in veste horror, in realtà è un film molto più semplicistico che tra i tanti elementi buttati nel calderone finisce per cuocerne a dovere quasi nessuno.

 

The Menu, Ralph Fiennes è uno chef terrificante in un thriller venato di  umorismo

 

Ogni tavolo rappresenta una qualche sfumatura differente del classico consumatore (non limitato, ovviamente, al semplice cultore di cibo), dall’amatore con una esagerata, irrazionale e trasgressiva passione a quello invece decisamente più passivo e malleabile, dal critico altezzosamente spietato e cinico a quello totalmente asservito ai suoi commenti, da quello indifferente fino al vero e proprio contestatore ma, ad ogni modo, è sempre l’ignoranza, l’ipocrisia, il materialismo e la mancanza di empatia insieme alla volgarità o alla violenza, verso gli altri ma anche verso sé stessi, la portata principale di ogni tavolo mentre nel frattempo assistiamo all’insistita decostruzione del mito moderno dello chef come estremo sacerdote di un nuovo culto pagano.

Un culto dove la ricerca della perfezione, della tecnica sopraffina, dell’esclusività dell’esperienza o del gusto più prelibato sono il perfetto contraltare a una realtà che, dietro ad abiti firmati, nomi altisonanti e fiumi di denaro, nasconde in realtà i peccati di un mondo ormai privo di Dio (e infatti, per reazione a questo vuoto, necessita di crearne di nuovi) e, quindi, senza la paura o il timore di un eventuale castigo per le proprie azioni.

 

Il cibo si trasforma quindi in un rito integralista, una moderna inquisizione contro la degenerazione morale dei commensali, appartenenti tutti all’alta borghesia (ma intesa comunque come metafora dell’umanità intera?), preda dei deliri di un guru della cucina e della sua setta e spingendoli all’omicidio/suicidio attraverso un piano studiato con precisa ossessione.

 

Mark Mylod, regista del film The Menu, ha chiesto a Ralph Fiennes di  cucinare davvero il miglior hamburger del mondo | GQ Italia

 

Il risultato è un piatto alquanto indigesto in cui tutti i personaggi sono monodimensionali (anche l’aiutante dello chef, potenzialmente intrigante, alla fine smarrisce per strada qualsiasi sviluppo narrativo), gli invitati stereotipi fatti con lo stampino (il “food lover” di Hoult, in virtù di una evoluzione da semplice macchietta a figura molto più oscura, è forse l’unico che funziona davvero), le dinamiche prevedibili o soltanto accennate e la sceneggiatura, rimanendo in tema culinario, viene lasciata bruciare colpevolmente sul fuoco.

 

L’esplosivo, catartico, gran finale è un po' un commento, probabilmente involontario, alla stessa pellicola e alle sue aspettative e a vincere, alla fine, non è il piatto ricercatissimo, originalissimo, esclusivissimo, classista o d’autore ma, al contrario, il cibo spazzatura.

Bon appetit.

 

VOTO: 5

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