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The Fabelmans

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su The Fabelmans

di port cros
8 stelle

Il più personale tra i film di Spielberg è una affettuosa dichiarazione di amore e gratitudine alla sua arte e alla sua famiglia, che sa scaldare i cuori e a trasmettere tutta la passione per il cinema che animava il giovane futuro regista. Voto: 7,5 su 10.

Mateo Zoryon Francis-DeFord

The Fabelmans (2022): Mateo Zoryon Francis-DeFord

 

Voto: 7, 5 su 10

 

Il più personale tra i film di Spielberg come lo definisce lui stesso in un video-messaggio che precede la proiezione in cui ringrazia chi ha scelto di vederlo in sala, The Fabelmans racconta l' infanzia e adolescenza del suo alter ego Sammy Fabelman e della sua famiglia di borghesia ebrea nell'America degli anni Cinquanta e Sessanta, inserendosi sulla scia dei tanti autori che negli ultimi anni hanno deciso di portare sullo schermo la loro autobiografia delle origini (Cuarón con Roma, Almodóvar con Dolor y Gloria, Sorrentino con E' Stata la Mano di Dio, Branagh con Belfast, Gray con Armagedon Time).

 

Sammy è un bambino affascinato dal magico mondo del cinema fin da quando vi viene introdotto dai genitori, che lo portano a vedere Il Più Grande Spettacolo del Mondo  promettendogli che “i film sono sogni che non dimenticherai mai”. Dalla visione del kolossal circense rimarrà impressionato al punto di voler ricreare e filmare col suo trenino elettrico l'epica scena dello scontro ferroviario (d'altronde erano modellini anche quelli usati da Cecile B. DeMille) e poi rivederlo proiettato sull'incavo della sua mano.

Una passione persistente negli anni, attraverso i vari trasferimenti per seguire gli impegni lavorativi del padre dal New Jersey all'Arizona alla California, per un'arte in cui dimostra di possedere un talento non indifferente nel ricreare le sue fantasie, attraverso set dapprima domestici in cui coinvolge le sorelline avvolte da rotoli di carta igienica a fare le mummie da horror, poi crescendo i compagni degli scout e della scuola, in produzioni western e belliche piccole ma ambiziose, dove una inventiva fuori dal comune sopperisce alla carenza di mezzi.

 

Gabriel LaBelle

The Fabelmans (2022): Gabriel LaBelle

Spielberg racconta il suo privato come mai prima in quest'opera introspettiva, certamente nostalgica e auto-celebrativa. Vediamo lo sviluppo di un occhio da cineasta: quando arrivano alla nuova casa in Arizona Sammy scende dall'auto e chiede al padre di rallentare per poter riprendere la scena dell'arrivo della famiglia sul vialetto della nuova abitazione. Le capacità tecniche che avrebbero meravigliato milioni di persone sono prefigurate nella cura con cui srotolava le bobine per analizzare ogni singolo fotogramma, studiava le differenti proprietà delle cineprese da 8 o 16 millimetri e sperimentava le modalità di resa di rudimentali effetti speciali (come bucare la pellicola con le puntine per dare l'effetto lampo di uno sparo nel western fatto con gli scout). Quello che il padre, ingenerare concreto e pragmatico, considera un hobby risulta così invece destinato a diventare non solo una professione ma una vera e propria missione e vocazione di quello che si tramuterà in uno dei registi più celebri e celebrati della storia.

 

Il film è una affettuosa dichiarazione di amore e gratitudine alla sua arte e alla sua famiglia: al centro della sceneggiatura, scritta dal regista insieme a Tony Kushner, è l'intera famiglia a concorrere al racconto di formazione di Spielberg sia come persona sia come autore. Lo stesso cognome Fabelman rimanda nel suono al concetto di “fiaba” che il cinema di Spielberg ha sempre voluto e saputo incarnare e d'altronde il tema dei rapporti familiari è centrale e ricorrente nella sua filmografia, da E.T. a Incontri ravvicinati del Terzo tipo a A.I. a Minority Report.

La mamma Mitzi (Michelle Williams), più artista e sognatrice, è una pianista che ha abbandonato la musica per occuparsi dei figli, uno spirito libero e vulnerabile che incoraggerà sempre il figlio nel perseguimento delle sue aspirazioni. La mamma incarna il lato più emotivo e sognatore della poetica spielbergiana, mentre il papà Burt (Paul Dano che mi stranisce vedere interpretare un padre, per me ha sempre l'aria di un ragazzino), un ingegnere del nascente settore informatico, pare incarnare le radici della sperimentazione del regista con la computer grafica, gli effetti speciali e le più innovative tecnologie applicabili alla messinscena cinematografica. L'autore vuole così dimostrare di essere riuscito nella sua opera a sintetizzare l'influenza artistica e emotiva della madre con quella tecnico-scientifica del padre.

 

L'elemento di rottura nella serenità del nido è portato dalla relazione della madre con lo “zio Bennie” (Seth Rogen), in realtà un amico e collega del padre onnipresente nella vita familiare, che viene svelata agli occhi del figlio finora inconsapevole dai filmati domestici girati da lui stesso: quando li rivede alla moviola nota la coppia passeggiare sullo sfondo della sua inquadratura mentre lui riprendeva altro. La cinepresa impietosamente cattura dettagli che l’occhio umano di primo acchito non vede e che probabilmente non vorrebbe neanche vedere, rivelando i segreti che non si ha la forza di confessare né di affrontare.

Poi appare anche uno zio vero, Boris, (Judd Hirsch) un bizzarro e un po' inquietante domatore di circo che col suo forte accento yiddish gli fa un profondissimo discorso-lezione di vita sulla faglia che inevitabilmente si aprirà tra la sua passione divorante per l'arte, paragonabile alla dipendenza da una droga, ed i rapporti con i familiari che possono comprenderla solo fino a d un certo punto.

 

Michelle Williams, Paul Dano, Gabriel LaBelle, Julia Butters, Keeley Karsten, Sophia Kopera

The Fabelmans (2022): Michelle Williams, Paul Dano, Gabriel LaBelle, Julia Butters, Keeley Karsten, Sophia Kopera

 

E' una pellicola dalla durata impegnativa anche perché Spielberg sceglie di dilungarsi su certi passaggi (la relazione adulterina della madre ad esempio) , ma va detto che sebbene certi snodi avrebbero potuto essere gestiti più speditamente The Fabelmans non annoia e non ci disconnette mai dal suo flusso emotivo, riuscendo invece a mantenerci agganciati emotivamente al vissuto della famiglia. La musica è affidata ancora una volta al fedele John Williams, ormai ultranovantenne, ma che non poteva mancare proprio a questo progetto. Il giovane attore protagonista Gabriel LaBelle è bravo e convincente in una parte di adolescente indubbiamente fuori dalla media ma umano nei dubbi e insicurezze che condivide con tutti i ragazzi della sua età e soprattutto nella sofferenza e lacerazione rappresentata dal divorzio dei genitori.

 

A differenza di altri recensori non lo considero un capolavoro assoluto, ma certamente un ottimo film, dove se alcune parti nel lungo minutaggio mi sono sembrate meno riuscite (soprattutto quella nella scuola californiana, con la stucchevole ragazza cristiana innamorata di Gesù e il bullismo antisemita trattato in maniera un po' grossolana con i bulli che sembrano anche nell'aspetto dei piccoli nazisti), tuttavia nel complesso si tratta di un'opera che indubbiamente coinvolge e colpisce al cuore e lo scalda, riuscendo a farci sinceramente affezionare ai suoi personaggi e a trasmettere tutta la passione che anima il giovane Sammy/Steven.

 

In chiusura The Fabelmans ci delizia con una colpaccio cinefilo finale, quando Sammy giunto finalmente a Hollywood per muovere i primi passi nelle produzioni degli studios ha la chance di incontrate il gigante del cinema classico, John Ford, il cui capolavoro L’uomo che uccise Liberty Valance aveva ispirato il suo western adolescenziale con i buchi nella pellicola. Che sorpresa quando sotto il cappellaccio e dietro la benda sull'occhio di Ford riconosciamo un altro grande autore così diverso nello stile, David Lynch, che dispensa all'intimorito principiante un prezioso consiglio: “Quando nella ripresa l'orizzonte è in basso, è interessante; quando è in alto, è interessante . Quando l'orizzonte sta nel centro, è una palla mortale. Capito?

 

 

 

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