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Il cavaliere di Lagardère

Regia di Philippe De Broca vedi scheda film

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La recensione su Il cavaliere di Lagardère

di Decks
7 stelle

Il film non è niente di nuovo, ma è perfetto per passare una serata di diletto apprezzando le ottime coreografie che simulano duelli di fioretto e fughe rocambolesche. Le occasioni per dare un prodotto, seppur minimamente, più acculturato sono purtroppo sprecate e i tecnicismi sono mediocri: quali la fotografia. In sostanza amabile e semplice.

L'opera di Paul Féval, "Le Bossu", è stata trasposta al cinema in svariati adattamenti, ma il risultato di questi non è mai stato particolarmente emozionante o indimenticabile sia dal punto di vista dello spettatore più comune, che da quello della critica più qualificata.

Vi è, però, questo film del 1998, con la regia di Philippe de Broca che un posticino in quel genere semplice e avventuroso del cappa e spada se lo merita.

 

Cosa ha, dunque, il lungometraggio di De Broca, in più rispetto alle sue precedenti trasposizioni?

La risposta è più elementare di quanto non si creda in realtà: se in film quali "La Spada di Orléans" o "Le Bossu" la sceneggiatura premeva soprattutto su tematiche quali la vendetta o il ribellarsi alle classi sociali più privilegiate, De Broca, al contrario, non prende mai sul serio nè il suo protagonista nè il suo antagonista, incarnando alla perfezione gli ideali del Feuilleton, o romanzo d'appendice, che doveva essere destinato ad un pubblico di massa senza avere al suo interno particolari ricerche stilistiche o tematiche "difficili".

De Broca restando fedelissimo a Féval, realizza una pellicola esclusivamente per il grande pubblico, in cui il suo Henri Lagardére è costantemente in bilico tra giullare e cavaliere.

 

 

Non fraintendetemi, comunque, non stiamo parlando di un film da domenica pomeriggio in cui solo i più piccoli sapranno divertirsi; anche gli adulti e gli amanti del cinema di genere potranno svagarsi un paio d'ore nel visionare tutte le simpatiche scenette in cui il nostro cavaliere combina un disastro dopo l'altro, o sfotte amabilmente i suoi avversari.

Il tutto unito ad un copione affabile che con un gergo settecentesco riesce a far sorridere qualsiasi spettatore minimamente interessato alle pellicole in costume.

Insomma, non si può davvero desiderare di meglio da queste sceneggiature che non solo hanno perfettamente compreso cosa significhi il termine "romanzo (o film in questo caso) d'appendice" e riescono con poco a far divertire qualsiasi pubblico.

 

Se la trama è probabilmente una delle più semplici e tipiche che si siano mai viste, anche la regia non è esente da questa convenzionalità: De Broca, regista ormai collaudato e praticamente alla fine della sua carriera, conosce benissimo tutti i movimenti di camera e si limita a filmare scene avventurose alla "Indiana Jones" unendovi un retrogusto francese più autoriale durante sequenze più interiori, come durante i monologhi del duca di Gonzaga.

Allo stesso modo, Philippe Sarde, compositore affermato e conosciuto, sceglie il giusto accompagnamento alle avventure di questo burlone cavalleresco con della musica classica tipicamente barocca, che tramite le sue sinfonie più allegre rende la visione avventurosa o drammatica a seconda dei casi.

 

 

Certamente con un simile lungometraggio non dobbiamo avere grandi pretese, ma alcune cose sono davvero insormontabili anche al gusto meno raffinato.

Ciò che farà sicuramente più storcere il naso è la fotografia di Jean-Francois Robin: un vero disastro, se non una delle peggiori mai viste.

Tutta la colorazione della pellicola può essere espressa in un nero-grigio sfumato; interni, esterni non fanno differenza.

Viene da pensare che una simile scelta sia stata effettuata per dare al film un vago senso storico, ma il risultato è quello di non riconoscere salti temporali o cambi di scena a causa di un'immutabile atmosfera cupa, che oltretutto mal si addice al clima poco serioso del lungometraggio.

 

Pur avendo un cast di tutto rispetto, inoltre, i risultati sul set non sono del tutto riusciti: Daniel Auteuil sembra non trovarsi a suo agio nel ruolo impostogli; sbeffeggiare e rallegrare il pubblico non è il suo forte, difatti mantiene per tutta la pellicola un'espressività e una tonalità di voce troppo regali, se poi diamo un'occhiata alla sua filmografia si evince il perchè non sia adatto a ruoli così leggeri e farseschi.

Lo stesso vale per Fabrice Luchini che riesce a cavare ben poco dal suo antagonista se non materiale per ridere della sua codardia, mentre in scene in cui dovrebbe mostrare più perfidia altro non sono che sottotono e senz'anima.

Se a questo aggiungiamo la fotografia, un montaggio che pur iniziando bene si rivela essere un'accozzaglia confusionaria nella seconda parte; sballottandoci a destra e manca tra travestimenti, amori e quant'altro; non poteva mancare la grande occasione mancata di sfruttare una tematica quale il complesso edipico.

Appena accennata per tutto il lungometraggio e poi lasciata svanire così, senza un ripensamento e senza un tentativo di discussione. Va bene la leggerezza, ma a tutto c'è un limite.

 

 

Il film di De Broca non è niente di nuovo e non è consigliabile a chi sta cercando del cinema più ragionato, ma è perfetto per passare una serata di spasso e di diletto apprezzando le ottime coreografie che simulano duelli di fioretto e fughe rocambolesche.

Le occasioni per dare un prodotto, seppur minimamente, più acculturato sono purtroppo sprecate e i tecnicismi sono piuttosto mediocri, con una fotografia obbrobriosa.

Tuttavia, un cappa e spada amabile e simpatico che renderà la vostra serata sicuramente più avventurosa.

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