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Il barbiere di Siberia

Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film

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La recensione su Il barbiere di Siberia

di degoffro
4 stelle

Dalla Russia con orrore: come abbia potuto questo film essere selezionato per inaugurare in pompa magna il Festival di Cannes del 1999 resterà un mistero. D'accordo è una coproduzione francese e si sa quanto i transalpini amino autocelebrarsi, ma in questo caso hanno voluto, per l'ennesima volta, tirarsi la zappa sui piedi. In un anno in cui il concorso poteva vantare titoli prodigiosi come "Tutto su mia madre", "L'estate di Kikujiro", "Una storia vera" o "Il viaggio di Felicia" è davvero difficile credere che non ci fosse un'opera più dignitosa e meritevole di questo pastrocchio presuntuoso, interminabile, pomposo, folcloristico e retorico firmato dall'un tempo grande Nikita Michalkov. Julia Ormond, la sola che è riuscita a far realizzare un film piatto e monotono anche a Sydney Pollack, è stata una delle tante meteore della Hollywood di oggi: avrà pure senso per la neve, ma certo non ha senso della recitazione né tanto meno ha fiuto nella scelta dei film, visto che non ne ha azzeccato uno in tutta la sua breve carriera; Richard Harris nei panni di un folle inventore (tra le sue creazioni "Il barbiere di Siberia" colossale marchingegno a vapore che sega alberi ad alta velocità) è macchiettistico e ridicolo; Michalkov che entra in scena a cavallo nella divisa di Alessandro III è estremamente supponente oltre che sfrontato. A detta del regista voleva essere un melodramma passionale e sofferto, (speriamo il suo modello non sia stato "Il dottor Divago" di Lean, perché siamo lontani anni luce), è invece un'operetta buffa, incredibile nella sua impudente grossolanità, imbarazzante per come descrive l'ambiente degli allegri cadetti russi, per lo più preoccupati a conquistare ragazze o a fare stupidi ed infantili scherzi ai danni dei superiori, sconcertante in molte "trovate" (un comandante che ignora chi sia Mozart e inizialmente scambia la sua immagine, appesa in una tenda, per quella di una donna, poi crede sia un suo soldato morto di cui non è stato informato!!!), esilarante e devastante negli sviluppi, faraonico nei mezzi, nelle scene, nei costumi (budget colossale di 35 milioni di dollari) in netto contrasto con una Russia che all'epoca del film era quasi sull'orlo della bancarotta, coinvolta in una profonda crisi economico sociale, raggelante per la nostalgia ed il rimpianto per la Russia zarista di cui è impregnato ("la Russia ha bisogno di ritrovare la sua storia, le sue radici: il tempo di Alessandro III è un'epoca di pace e di prosperità, in cui il rublo era la valuta più forte al mondo e la Russia spediva grano a mezzo mondo. L'epoca del conservatorismo illuminato è l'unica dottrina in grado di tenere la Russia in equilibrio: il film perciò parla di oggi, non di quello che siamo stati, ma di quello che dobbiamo essere"): in poche parole un vero e proprio manifesto politico di Mikhalkov. Un film senza paura, senza pudori, senza vergogna: dozzinale, stereotipato, sconcertante e disarmante.
Voto: 3

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